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Bussola della competitività (III)

Commercio ed Economia - Febbraio 4, 2025

Continuando con questa serie di articoli sulla Bussola della Competitività annunciata dalla Von der Leyen qualche giorno fa (spero che questo e l’ultimo siano la fine della tetralogia), la Commissione annuncia anche un piano di investimenti per i trasporti sostenibili che include un piano per una rete ferroviaria europea ad alta velocità, oltre a una strategia per i porti e l’industria marittima. Ma, come tutto ciò che è stato menzionato in precedenza, non è molto credibile ed è anche in contraddizione con le decisioni e i regolamenti che, con la scusa del clima, sono stati approvati dalla Grande Coalizione di conservatori, socialisti, liberali e verdi. Ad esempio, le rigide norme ambientali sul trasporto marittimo hanno già fatto sì che le multinazionali fuggissero verso il porto di Tangeri, in Marocco, invece che verso Algeciras (Spagna), il che sembra un colpo al buio senza alcuna strategia se non quella di cancellare tutti i danni fatti nell’ultimo mandato.

Un altro aspetto su cui la Commissione sembra fare marcia indietro – nonostante i danni già arrecati alle aziende europee – è quello relativo al cosiddetto Carbon Border Adjustment Mechanism, una tariffa occulta sotto forma di protezione del clima. Quindi, anche se si dice di volerlo rivedere e semplificare, in realtà si sta valutando anche la possibilità di estenderlo a nuovi settori e prodotti, nonché di adottare misure per affrontare l’impatto sulle esportazioni dei beni in questione, per cui forse, dopo tante chiacchiere, non si arriverà a nulla. Infine, il documento della Commissione propone la creazione di una legge sull’economia circolare che funga da catalizzatore per gli investimenti nell’industria del riciclo e che incoraggi l’industria europea a sostituire i materiali vergini e a ridurre i rifiuti e la combustione di materie prime; anche se va detto che la Spagna ha già una legge sull’economia circolare, che si suppone sia stata anticipata per soddisfare gli obiettivi dell’UE a partire dal 2022, e che tutto ciò che ha prodotto è stato il caos normativo, la confusione e nuove tasse sui cittadini, come la cosiddetta tassa sui rifiuti. Non c’è dubbio che – escludendo le posizioni estreme di verdi, socialisti e alcuni dei cosiddetti liberali – l’economia europea si trovi in una situazione di eccessiva dipendenza dai mercati internazionali, dalle economie dei paesi terzi; il che produce senza dubbio una situazione di insicurezza per le economie e i cittadini. Non serve a nulla congratularsi con noi stessi per avere la più vasta rete di accordi di libero scambio se il risultato della loro attuazione non va a vantaggio degli europei e delle imprese. Sono d’accordo con la Commissione sul fatto che avere un gran numero di partner commerciali aiuta a evitare problemi di approvvigionamento di materie prime ed energia, il che è positivo, in quanto si tratta di una lezione appresa dalla dipendenza dal gas russo; ma questo non può portarci a concludere che possiamo costruire il nostro modello economico su accordi internazionali, ma piuttosto che dobbiamo procedere ad aumentare la nostra produzione in tutti i settori strategici. E per strategico si intende tutto ciò che va dall’agricoltura, l’allevamento e la pesca alla difesa e al settore navale, all’energia e alle cosiddette materie prime critiche.

Ciò che è stato detto finora è a livello europeo; ma se guardiamo all’Europa meridionale, ciò che è un’opportunità può anche essere un rischio. Il nuovo Patto per il Mediterraneo vuole essere un ambizioso accordo di cooperazione in materia di energia e tecnologie pulite, che sarà vantaggioso se affrontato su un piano di parità e di reciprocità, e non come un altro meccanismo per trasferire la produzione di energia in Nord Africa, anche se i costi di occupazione e altri costi di produzione sono più bassi, perché può aumentare la dipendenza. Vedremo.

Quello che sappiamo finora è che negli ultimi decenni gli investimenti e gli accordi di cooperazione con i paesi terzi si sono ritorti contro le economie europee; che si tratti del Marocco con la Spagna o della Cina con l’intera Europa, ma soprattutto con la potenza industriale della Germania. Per questo motivo, saremmo favorevoli all’introduzione di una preferenza europea negli appalti pubblici per i settori e le tecnologie strategiche, che dovrebbe essere estesa a tutti i settori economici in cui i prodotti o i servizi di paesi terzi non competono sui mercati europei a parità di condizioni.