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Minacce alla libertà digitale

Cultura - Dicembre 8, 2023
Piazza de Spagna in Rome, Italy

Diario europeo: Roma, dicembre 2021

È sempre un piacere visitare Roma, la città eterna. Venni a Roma per la prima volta nell’autunno del 1986, alloggiai in un albergo sopra Piazza di Spagna e Fontana di Trevi e sfruttai al massimo i pochi giorni di permanenza nella città, osservando con stupore tutti i monumenti, le chiese, i palazzi e le rovine di quella che per molti secoli fu praticamente la capitale del mondo occidentale e dove tuttora si trova la sede della Chiesa cattolica. Su iniziativa del mio amico, il professor Antonio Martino, sono tornato nella primavera del 1994, per essere Visiting Professor alla LUISS, Libera Università Internazionale degli Studi Sociali. Martino era allora impegnato nella campagna elettorale per Forza Italia, il partito politico fondato da Silvio Berlusconi e da lui per salvare l’Italia da una presa di potere comunista, apparentemente probabile dopo che tutti i partiti consolidati erano crollati in seguito alle rivelazioni sulla corruzione diffusa. Alle elezioni del 1994, Berlusconi e Martino si sono imposti e Martino è diventato Ministro degli Esteri nel governo Berlusconi, che però non è durato a lungo. In seguito Martino è stato Ministro della Difesa per cinque anni nei successivi governi Berlusconi. Martino era uno studioso e un gentiluomo eloquente, elegantemente vestito, educato e spiritoso, mentre Berlusconi era esuberante, energico, vivace e allegro, con un forte desiderio di piacere, un punto di forza in un politico ma forse una debolezza in uno statista.

Argomenti a favore della libertà di espressione

Dal 10 al 13 dicembre 2021 mi sono trovato ancora una volta a Roma, in occasione di una conferenza sulla libertà digitale, organizzata da ECR, European Conservatives and Reformists. Ho goduto della calorosa ospitalità di Antonio Giordano, Segretario Generale dell’ECR, e di Katia Bellantone, Capo di Gabinetto dell’ECR. Avendo vissuto e lavorato a Roma per molti anni, sapevano tutto ciò che valeva la pena sapere su dove andare e cosa vedere in città. Mi hanno portato in deliziosi ristoranti locali. Alla conferenza stessa, ho sostenuto che i nuovi social media, in particolare Twitter e Facebook, si sono spinti troppo in là nel tentativo di censurare i contenuti sulle loro piattaforme. Ho ricordato la frase di John Stuart Mill tre argomenti esemplari a favore della libertà di pensiero e di espressione: che i censori fallibili possono sopprimere le idee valide; che alcune idee contengono sia errori che verità e che una discussione libera è necessaria per eliminare gli errori; e che anche se un’idea è totalmente sbagliata, vale la pena cercare di confutarla con forza. Ho aggiunto due ulteriori argomenti: che in una democrazia la libertà di espressione è un vincolo indispensabile per il governo e che può servire anche a sfogare frustrazioni che altrimenti potrebbero sfociare nella violenza.

Recenti restrizioni ingiustificate

Nel mio intervento, ho concordato che i social media potrebbero adottare alcune restrizioni su ciò che può essere espresso sulle loro piattaforme, ad esempio il divieto di pornografia infantile e di qualsiasi incitamento alla violenza. Ma il recente divieto del presidente Donald Trump difficilmente potrebbe essere giustificato in questo modo. Spesso era stato scortese e offensivo pubblicamente, ma la libertà di espressione era anche la libertà di essere scortesi e offensivi. Se i social media sono stati abbastanza forti da disconnettere il leader della nazione più potente del mondo, che aveva ricevuto quasi 75 milioni di voti in una recente elezione, come potrebbero poi trattare gli altri? Un altro esempio è stato il divieto imposto da Twitter e Facebook di speculare sul fatto che il virus corona fosse sfuggito a un laboratorio di Wuhan e non fosse stato trasmesso da un animale a una persona. Questa sembrava ora la spiegazione più plausibile della pandemia che aveva sconvolto il mondo negli ultimi due anni. Si trattava di una questione di vitale importanza, eppure i social media per qualche tempo non hanno permesso ai loro utenti nemmeno di parlarne.

I social media come vettori comuni

Ho discusso la risposta comune che Twitter e Facebook sono aziende private e che quindi possono decidere quali regole applicare quando offrono i loro servizi. Questo era solo in parte plausibile, osservai: erano anche vettori comuni come le compagnie telefoniche, le strade private e gli alberghi. Una compagnia telefonica non poteva rifiutarsi di collegare persone perché parlavano a vanvera; il proprietario di una strada privata poteva far pagare un pedaggio per il suo utilizzo, ma non poteva vietare alle donne di percorrerla; un albergo non poteva rifiutarsi di servire persone di colore. Inoltre, Twitter e Facebook, e per questo anche Amazon, erano talmente dominanti nei loro campi di attività da godere di un quasi monopolio. Potreste andare da un’altra parte se un giornale si rifiutasse di pubblicare il vostro articolo, ma dove potreste andare nel cyberspazio se Twitter e Facebook decidessero congiuntamente di chiudere i vostri account e se Amazon si rifiutasse di pubblicare i vostri libri?

Negli ultimi anni tutte e tre le società hanno mostrato un orientamento di sinistra, ho aggiunto. O i social media dovevano definire chiaramente dei termini di utilizzo equi, ristretti e trasparenti, oppure potevano rischiare di perdere l’immunità legale di cui godevano negli Stati Uniti, grazie alla quale non erano ritenuti responsabili delle opinioni e delle idee espresse sulle piattaforme da loro fornite. I censori erano fallibili, compresi i giornalisti e i social media manager. La scelta era tra censura e libertà di espressione.