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Il commercio dei diamanti incluso nel nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia

Commercio ed Economia - Ottobre 18, 2022

L’efficacia delle nuove sanzioni è in pericolo a causa della controstrategia russa e della scomoda opposizione del Belgio.

Il commercio di diamanti grezzi con la Russia, stimato in 4,5 miliardi di euro nel 2021 e in costante crescita, secondo fonti europee attendibili, potrebbe essere vietato o almeno fortemente limitato dalla Commissione europea nell’ultimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino, in risposta a una chiara escalation di toni nel conflitto in corso contro l’Ucraina.

Finora, nei 7 precedenti pacchetti di sanzioni, l’unico commercio senza restrizioni tra i Paesi europei e la Russia era proprio quello relativo ai diamanti grezzi, proprio per la grande importanza economica che questo scambio rappresenta per gran parte dell’Europa. L’ottavo pacchetto di sanzioni, tuttavia, deve ancora essere approvato dal Comitato dei Rappresentanti Permanenti del Consiglio (Coreper) e prima della pubblicazione dell’elenco ufficiale, la misura in questione è solo ipotetica ma non per questo meno preoccupante.

Ursula Von Der Leyen, presidente della Commissione Europea, nell’annunciare una nuova stretta contro la Russia, mercoledì 28 settembre, ha precisato che oltre al commercio dei diamanti, saranno proposte anche sanzioni relative a tecnologie fondamentali per l’industria di Mosca, come prodotti chimici, prodotti siderurgici, metalli preziosi, armi civili e prodotti farmaceutici con l’obiettivo di indebolire la macchina bellica russa.

A ostacolare l’applicazione delle nuove sanzioni e nello specifico quelle relative all’esportazione e all’importazione di diamanti grezzi da parte della Russia, c’è il Belgio che, con la città di Anversa tra le più importanti al mondo nel mercato dei servizi di taglio e lucidatura dei diamanti, rischierebbe la perdita di oltre 10 mila posti di lavoro e una crisi economica ancora più grave. Pertanto, Anversa non può permettersi un embargo totale sui diamanti con la Russia, ma allo stesso tempo non può ostacolare, come Paese europeo, l’attivazione di un nuovo pacchetto di sanzioni che potrebbe essere considerato tra i più importanti concepiti finora.

Il premier del Belgio Alexander De Croo, in una conferenza dei giorni scorsi, ha esposto tutte le preoccupazioni del governo belga sulla questione dell’autolesionismo europeo con sanzioni troppo legate a un commercio ormai globalizzato come quello delle pietre preziose. Sebbene ci siano stati segnali di apertura da parte della diplomazia belga nei confronti delle richieste di altri Stati, come la Polonia e i Paesi baltici, che hanno svolto un’opera di persuasione, restano ancora aperti i timori relativi alla misura restrittiva sul commercio dei diamanti.

A dire il vero, già oggi l’esportazione di diamanti in Russia da parte dei Paesi europei è stata interrotta per danneggiare l’élite oligarchica del Cremlino ma, l’esportazione è ancora consentita da Mosca verso l’Europa, proprio per limitare i danni economici delle nazioni coinvolte nel commercio di pietre preziose.

L’Ucraina, nei giorni scorsi, ha segnalato le pressioni di Mosca sulla nazione filorussa della Bielorussia, al fine di raggiungere i vertici del Kimberley Process Certification Scheme (Kpcs), l’organismo internazionale che certifica l’utilizzo dei profitti del commercio dei diamanti affinché non possano essere utilizzati per finanziare guerre civili o rovesciare governi legittimi. Naturalmente, con la guerra in corso, la Russia utilizzerebbe ogni risorsa possibile, compresi i profitti derivanti dal commercio dei diamanti, per alimentare economicamente la sua danneggiata macchina da guerra, e una nazione amica, nell’organo di controllo, sarebbe sicuramente molto utile.

Aggirare le restrizioni sul commercio di diamanti grezzi provenienti dalla Russia, che a dire il vero dovrebbero essere presenti nell’ottavo pacchetto di sanzioni, potrebbe essere relativamente facile mescolando i diamanti russi, sicuramente “insanguinati”, con quelli provenienti da altre nazioni, prima di introdurli nel mercato europeo, in modo da essere classificati come “di origine mista” e aggirare i controlli che ne impedirebbero l’ingresso nell’UE.

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