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L’Europa rinvia l’AI Act. Ora serve cambiare rotta: meno burocrazia, più sovranità digitale

Amico o nemico dell'intelligenza artificiale? - Novembre 22, 2025

Mercoledì 19 novembre la Commissione europea ha annunciato ciò che molti osservatori avevano intuito già da mesi: l’entrata in vigore delle norme dell’AI Act sui sistemi ad “alto rischio” slitta dal 2026 al dicembre 2027. La notizia anticipata segna una delle più importanti inversioni di rotta della legislatura europea: l’Unione che voleva essere “prima al mondo” nel regolamentare l’intelligenza artificiale, ora è costretta ad ammettere che non è in grado — nei tempi previsti — di sostenerne l’attuazione.
La ragione ufficiale è “tecnica”: mancano gli standard, mancano le linee guida, mancano le autorità nazionali realmente operative.
La ragione reale è politica: il modello europeo dell’IA basato prima sui vincoli e poi sullo sviluppo è arrivato al capolinea.
Secondo Politico, un’intensa pressione da parte dell’Amministrazione Trump, delle industrie tecnologiche e di diversi governi nazionali — Germania, Francia, Scandinavia, Europa Centrale — ha convinto Bruxelles che continuare così avrebbe significato una sola cosa: disarmare l’Europa nella competizione globale sull’intelligenza artificiale.

L’IA non si governa per decreto

Il continente che voleva “dare lezioni al mondo” sta scoprendo ciò che i conservatori affermano da anni: la tecnologia non si crea per regolamento, ma per investimento, ricerca e capacità industriale. Mentre gli Stati Uniti e la Cina investono miliardi in ecosistemi proprietari di IA — fondamentali anche per la difesa, la sicurezza e l’economia — l’UE ha immaginato di poter diventare “il regolatore planetario” senza possedere le infrastrutture, il potere industriale o la massa critica tecnologica necessarie.

Questa distorsione è oggi sotto gli occhi di tutti:
– troppi vincoli per le PMI europee, che rischiano di non potersi permettere la conformità;
– regole scritte prima ancora che esistano gli standard tecnici;
– assenza di una strategia industriale europea sull’IA, sostituita dall’illusione del “Brussels effect”;
– ritardi nelle agenzie nazionali che dovrebbero applicare norme complesse e costose.

Il rinvio è quindi una presa d’atto: l’Europa rischiava la paralisi. Sospendere è una buona notizia? Sì, solo se cambiamo direzione. Il rinvio può diventare un bene solo se l’Europa ne approfitterà per correggere la rotta.
Ed è qui che entra in gioco un punto di vista conservatore fondato su alcuni concetti fonamentali.

1. Innovazione prima della burocrazia
L’IA deve essere affidabile e centrata sull’uomo, certo. Ma se la regolazione diventa una barriera insormontabile, a beneficiarne saranno soltanto:le Big Tech americane, i colossi statali cinesi e non le imprese europee. Il regolamento deve essere una roadmap per lo sviluppo, non un freno.

2. Libertà individuali come fondamento
ECR ha più volte posto l’accento sul fatto che una cattiva regolazione dell’IA non solo danneggia l’industria, ma può minacciare i diritti fondamentali, per esempio con:
– sorveglianza biometrica intrusiva
– algoritmi opachi nelle decisioni pubbliche
– sistemi di valutazione automatica non trasparenti
Quindi: sì alla tutela dei cittadini, ma no a una tecnocrazia centrale che decide tutto da Bruxelles.

3. Sovranità digitale europea. Il punto più importante per gli europei conservatori è semplice: l’UE non può essere solo un ente regolatorio globale. Deve diventare un attore tecnologico sovrano. Questo significa investire nella ricerca e nei modelli europei di IA, rafforzare le filiere europee di semiconduttori, cloud, supercalcolo, garantire autonomia nelle tecnologie sensibili (difesa, sicurezza, dati strategici) ed evitare che la regolazione uccida sul nascere ogni tentativo di leadership continentale.

Per una volta, Bruxelles ha fatto la cosa giusta: ha fermato un treno che correva verso il muro, ma un rinvio senza correzione sarebbe solo un altro sintomo dell’immobilismo europeo. Serve invece una svolta che tuteli i diritti dei cittadini, difenda la libertà economica, rilanci la competitività delle imprese europee, ma soprattutto garantisca la sovranità digitale del continente.

Solo così l’Europa potrà sedersi al tavolo globale dell’IA non da spettatrice, ma da protagonista.