
Persevera l’intricarsi di criticità su scala globale relativamente ai conflitti in essere e alle complicatissime possibili risoluzioni. Il confronto in diretta tv tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky della scorsa settimana ha, di fatto, nuovamente cambiato il volto della guerra tra Russia e Ucraina: il sostegno degli USA ai secondi è venuto meno, così come la firma, data quasi per certa poche ore prima del colloquio alla Casa Bianca, dell’accordo sulle terre rare. Non solo. Il tycoon ha speso parole forti nei confronti del numero uno ucraino, sottolineando, ancora una volta e dal proprio punto di vista, l’inadeguatezza della persona Zelensky come guida e come interlocutore per il raggiungimento quanto meno di una tregua. Dal canto proprio, il Presidente ucraino ha ribadito di essere pronto a fare un passo indietro purché l’Ucraina faccia il proprio ingresso nella NATO e venga trovata una soluzione a lungo termine per mantenere la pace. Dettami che ha condiviso durante i vari incontri con i premier europei, con il Primo Ministro britannico e Re Carlo III nei giorni seguenti allo scontro nello Studio Ovale. Va detto che, nelle ultime ore, sembrano esserci stati nuovi sviluppi: Trump, al termine di un lunghissimo discorso al Congresso, ha rivelato di aver percepito uno Zelensky davvero pronto “a sedersi al tavolo della pace”. Nel mezzo un summit londinese, domenica 2 marzo, a cui hanno partecipato i leader europei. Un vertice per prendere di petto la situazione e chiarire in quale direzione procedere per “proteggere l’Occidente e i suoi valori”.
L’incontro tra i leader europei
Subito dopo l’incontro tra Trump e Zelensky, Meloni ha riferito, tramite le proprie pagine social, che “ogni divisione dell’Occidente” indebolisce i Paesi e “favorisce chi vorrebbe vedere il declino della nostra civiltà”. Il premier italiano ha inteso sin dal principio evidenziare quanto “una divisione non converrebbe a nessuno”. Pertanto, ha proseguito, “è necessario un immediato vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati per parlare in modo franco di come intendiamo affrontare le grandi sfide di oggi – a partire dall’Ucraina, che insieme abbiamo difeso in questi anni – e di quelle che saremo chiamati ad affrontare in futuro”. Questa la risposta dell’Italia, che punta, dunque, a trovare un equilibrio evitando di definire nettamente una strategia. Più che altro, l’obiettivo è arrivare ad un confronto tra le parti che sia costruttivo. Allora ecco un primo incontro tra i leader europei. A coordinare i lavori il Premier britannico Starmer che, solo alcune ore prima, aveva avuto modo di colloquiare con Zelensky e ribadire il totale supporto all’Ucraina. Di certo stabilire un piano per la pace è la sfida più complessa che, da molti anni a questa parte, l’Occidente si sia trovato ad affrontare. Trump procede spedito verso una direzione, e sembra volerlo fare a prescindere dalla coalizione occidentale. Va anche aggiunto che l’annuncio dei dazi al 25% per l’Europa non ha giovato al clima, già tesissimo, tra le parti. Ad ogni modo, l’incontro ha visto la partecipazione anche di altri paesi, come il Canada e la Turchia. L’idea è quella di realizzare una coalizione con stati extraeuropei, ma la necessità di una collaborazione con gli Stati Uniti resta prioritaria. Dunque, il Primo Ministro inglese ha chiarito ai presenti di aver avuto un colloquio con il Presidente americano a cui è stato effettivamente illustrato il piano condiviso da Inghilterra e Francia. Ha poi anche sottolineato che il proprio Paese continuerà a sostenere l’Ucraina nell’acquisto di nuove armi. Si fa riferimento a un prestito di oltre un miliardo e mezzo di sterline. Un modus operandi totalmente opposto da quello messo in campo invece da Trump, che ha sospeso gli aiuti all’Ucraina in mancanza di un accordo tra le parti relativamente alla “pace” voluta alle condizioni USA. La ‘coalizione di volenterosi’ – così è stata definita dai leader proponenti – parte da un cessate il fuoco. O almeno questo è quanto ha spiegato Macron a Le Figaro dopo l’incontro. Infatti, si partirebbe da un mese di stop che consentirebbe solo gli scontri via terra. Ancora una volta, sia Macron sia Starmer hanno voluto dirsi disponibili all’invio di truppe europee sul suolo ucraino; una soluzione che però ha fatto storcere il naso ad altri leader, come il cancelliere tedesco e il Presidente del Consiglio italiano.
La soluzione di von der Leyen: 800 miliardi sul piatto per la difesa
In attesa di comprendere gli sviluppi diplomatici della vicenda, la Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen ha esposto un nuovo piano per la difesa. I toni con cui la Presidente della Commissione ha comunicato l’impegno assunto sono stati gravi. “Viviamo in tempi pericolosi,” ha detto senza mezzi termini, “le conseguenze potrebbero essere devastanti”. E sul piatto sono arrivati ben 800 miliardi per la difesa. L’idea, va detto, non è piaciuta a tutti: in Italia sia maggioranza, sia opposizione, hanno trovato nella posizione assunta dalla Commissione una nettezza affrettata che non indicherebbe la soluzione migliore per i Paesi europei. Von der Leyen ha però specificato che l’esigenza arriva proprio dalle voci dei leader che hanno partecipato ai vari summit. Infatti, durante il proprio discorso, ha condiviso: “Nei vari incontri delle ultime settimane – l’ultimo due giorni fa a Londra – la risposta delle capitali europee è stata tanto clamorosa quanto chiara. Siamo in un’epoca di riarmo. E l’Europa è pronta a incrementare massicciamente la spesa per la difesa. Sia per rispondere all’urgenza a breve termine di agire e sostenere l’Ucraina, sia per affrontare la necessità a lungo termine di assumerci una maggiore responsabilità per la nostra sicurezza europea”. La proposta si basa su cinque idee pilastro e il documento porta il titolo di “Rearm Europe”. Proprio questo titolo, in effetti, ha destato le maggiori preoccupazioni. Se ne parlerà ampiamente nel vertice indetto per giovedì 6 marzo a cui parteciperanno tutti gli Stati. Più volte è stata utilizzata la parola urgente per definire le modalità di approccio, tanto che sono stati messi in gioco anche dei tagli burocratici per accelerare i tempi e farsi trovare pronti.
Come sono suddivisi gli 800 miliardi
Nello specifico, viene chiamato in causa il Patto di Stabilità. Le deroghe al Patto, infatti, in quattro anni andrebbero a generare 650 miliardi spendibili per difendere l’Unione Europea. Von der Leyen ha quindi detto che verrà attivata la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità e crescita: una condizione che consentirebbe a tutti gli Stati membri di far crescere le spese per la difesa “senza far scattare la procedura per i disavanzi eccessivi”. Poi ha parlato di un nuovo strumento che dovrebbe fornire circa 150 miliardi di euro in prestito agli Stati. Ovviamente, il riferimento resta al settore della difesa. In pratica si parla di fornitura di armi e quindi di “difesa aerea e missilistica, sistemi di artiglieria, missili e munizioni, droni e sistemi anti-drone, ma anche di altre esigenze, come la cibernetica e la mobilità militare”. In questo modo, sostiene la numero uno della Commissione, si potrà intervenire facilmente a sostegno dell’Ucraina. Infine, un terzo punto che guarda in direzione del potere del bilancio UE. La Commissione crede che gli sforzi in tal senso possano garantire risultati nel breve periodo. “Proporremo,” ha spiegato von der Leyen, “ulteriori possibilità e incentivi per gli Stati membri che decideranno di aumentare la spesa per la difesa, se intenderanno utilizzare i programmi della politica di coesione”.