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Tra il 2021 e il 2022 si è verificata la più grande contaminazione di influenza aviaria mai vista in Europa

Ambiente - Ottobre 18, 2022

47 milioni di uccelli uccisi negli allevamenti

Secondo l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), negli ultimi due anni l’Europa ha subito la più grande epidemia di influenza aviaria mai registrata, con numeri che vedono 2500 focolai, più di 47 milioni di uccelli uccisi negli allevamenti e addirittura 3500 casi in uccelli selvatici, in uno spazio territoriale estremamente ampio, che va dalla Norvegia al Portogallo, attraversando tutto il vecchio continente.

Mentre, di norma, nel periodo estivo si è sempre registrata una diminuzione dell’incidenza dell’influenza animale, nell’ultimo anno, soprattutto in estate, il virus che colpisce tutti i volatili in generale, è diventato più aggressivo e ha causato la morte di un numero maggiore di animali rispetto al passato, soprattutto in Francia, Paesi Bassi, Germania e Regno Unito.

L’epidemia è da considerarsi ancora in corso, nonostante una diminuzione dei casi ma con un numero di infezioni che comunque supera di 5 volte quelle dell’anno precedente. L’inizio della migrazione autunnale degli uccelli peggiorerà inevitabilmente la situazione e la grande varietà di uccelli che di solito svernano in Europa avrà un’alta probabilità di contagio proprio a causa della persistenza del virus.

Il rischio di trasmissione del virus dagli uccelli all’uomo è considerato dalle agenzie relativamente basso, ma rimane plausibile e mediamente probabile per coloro che per lavoro sono a contatto quotidiano con gli uccelli. Secondo le principali agenzie di controllo sanitario e alimentare del mondo, rimane necessario che medici, esperti sanitari e operatori di laboratorio monitorino la possibile diffusione dei virus animali per mantenere una strategia coordinata ed effettuare le necessarie valutazioni del rischio per l’essere umano.

Nell’autunno del 2021, per la prima volta, il virus dell’influenza aviaria ha attraversato l’Oceano Atlantico, colpendo le coste americane fino all’entroterra, ma con ripercussioni sanitarie attualmente controllabili. Tuttavia, secondo l’EFSA, verranno prese in considerazione strategie di prevenzione a medio e lungo termine. I virus influenzali che circolano periodicamente in varie specie animali, soprattutto quelle tipicamente allevate dall’uomo come uccelli e maiali, potrebbero, infatti, infettare anche l’uomo e degenerare, fortunatamente solo in casi molto rari, in malattie mortali.

Negli ultimi decenni, il mondo ha gestito virus come l’H5N1 dell’aviaria in Egitto, l’H7N9 in Cina e l’influenza diffusa negli allevamenti di suini nel 2009 che poi è passata all’uomo senza conseguenze particolarmente gravi a livello globale ma che, come doveroso, merita l’interesse delle agenzie sanitarie internazionali.

L’Italia è attualmente il secondo Paese in Europa per numero di focolai, dopo la Francia, con 317 allevamenti colpiti. Gli operatori del settore sono comunque invitati a effettuare tutti i controlli necessari per evitare una diffusione ancora maggiore del virus in questione. I datori di lavoro del settore avicolo dovranno rivedere periodicamente le loro linee guida sulla valutazione del rischio infettivo e dovranno intraprendere lavori di manutenzione, strategie organizzative e misure sanitarie per prevenire le infezioni dei dipendenti. Tra le precauzioni richieste, si raccomanda l’uso di una ventilazione superiore nei locali in cui si trovano eventualmente i volatili, la separazione degli abiti da lavoro da quelli personali per evitare la contaminazione e la pulizia completa dell’alloggio di ciascun lavoratore, nel caso in cui si fermi nelle vicinanze del luogo di lavoro anche durante la notte.

L’esperienza di Covid ha permesso una valutazione delle misure precauzionali necessarie per evitare i contagi, ancora più attenta e una volontà da parte degli enti preposti di non sottovalutare alcun segnale che possa far presagire l’inizio di un’epidemia. L’igiene e i metodi di lavoro in certi ambienti saranno sempre maggiori per evitare la crescita incontrollata della diffusione di malattie potenzialmente pericolose per l’uomo.

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