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Patto europeo sull’asilo e l’immigrazione (IV): Solidarietà nel modo giusto?

Politica - Aprile 20, 2024

Proseguendo nell’esposizione più o meno dettagliata del Patto per l’Asilo e l’Immigrazione approvato dal Parlamento Europeo il 10 aprile 2024, è ora opportuno fare riferimento alla partita forse più importante dell’intero pacchetto, accanto a Eurodac, a cui ho già fatto riferimento in una precedente pubblicazione: il Regolamento sulla Gestione dell’Asilo e dell’Immigrazione.

La parte centrale di questo regolamento, e il suo principale cambiamento rispetto al sistema attuale – il ben noto, criticato e respinto sistema di Dublino – consiste in un sistema di “solidarietà” obbligatorio, che non consisterà necessariamente in trasferimenti, cioè un sistema in cui l’unico “mezzo di solidarietà” non è il trasferimento obbligatorio imposto da Bruxelles, ma in cui gli Stati membri possono anche optare per contributi finanziari, in sostituzione del trasferimento.

Il sistema continua quindi a soffrire dello stesso peccato originale, ovvero accettare che l’Europa, gli Stati membri, siano obbligati ad assumere come proprio il dovere di accogliere coloro che, forse, non sono entrati nei loro confini, né lo avrebbero mai fatto… . . che gli Stati membri sono condannati a farsi carico di un certo – e crescente – numero di ingressi illegali mascherati da richiedenti asilo fraudolenti. Per cercare di garantire che paesi come l’Ungheria, la Polonia – ma forse anche la Repubblica Ceca, e perché no la Finlandia o la Svezia, che stanno già soffrendo con straordinaria gravità gli effetti di decenni di politiche permissive – non blocchino completamente il sistema, la von der Leyen ha proposto un sistema di pagamento sostitutivo. Se non vuoi “richiedenti asilo”, paga.

Il modello risponde infatti alla visione mercantilista e materialista dell’immigrazione. Proprio come i sostenitori delle porte aperte, dopo aver invocato i diritti fondamentali, utilizzano il motivo economico, ovvero la necessità di manodopera a basso costo; Von der Leyen lo utilizza come un modo per evitare il conflitto sociale. Abbiamo fissato un prezzo.

I calcoli dei contributi devono essere effettuati sulla base del PIL e della popolazione, ciascuno dei quali conta per il 50%. Annualmente, il testo prevede che il contributo minimo da parte di tutti gli Stati membri sia di 30.000 persone e 600 milioni di euro; tuttavia, una percentuale di questi contributi sarà riservata alla ricerca e al salvataggio in mare, in quanto gli Stati membri ritengono che, nell’adempimento degli obblighi esistenti in base al diritto marittimo, ci debba essere spazio per questo.

Non c’è dubbio che l’Italia sia stato lo Stato che ha dato il polso a questo modello di solidarietà obbligatoria e di ricollocazione volontaria, con l’obiettivo, a mio avviso, di coinvolgere gli altri Stati membri nella difesa, nella protezione e nella conservazione del confine… . Europa meridionale. I critici del sistema, tra i partiti conservatori e patriottici, sottolineano che questo sistema di gestione, come il precedente, ha l’effetto di incoraggiare l’immigrazione clandestina e, soprattutto, che costituisce un’inaccettabile cessione di sovranità nazionale, soprattutto quando apre la porta alla Commissione Europea per estendere le quote di ammissione annuali.

Un altro cambiamento rispetto a Dublino, che non piacerà alle delegazioni dei Paesi del Nord, a prescindere dal gruppo di appartenenza – esclusi gli apolidi di destra e di sinistra, di cui alcuni sono presenti a Bruxelles – sono i nuovi criteri aggiunti per determinare la responsabilità dell’esame delle richieste di asilo. Mentre Dublino dava la priorità al paese di ingresso, questo nuovo regolamento include nuove disposizioni per il ricongiungimento familiare, oltre che per i genitori e i figli, attribuendo la responsabilità o la competenza per l’asilo al paese ricevente; aggiungendo nuovi criteri come i diplomi ottenuti in quello stato, o qualche tipo di relazione con esso come modo per attribuire la competenza.

Ideologia o convinzioni a parte, è evidente che si tratta di una riforma poco ambiziosa che non tiene in debito conto la dimensione esterna. Solo con accordi con paesi terzi che garantiscano l’ammissione dei loro cittadini di cui è stata ordinata l’espulsione e che trattino le domande di asilo in tali paesi, saremo in grado di combattere efficacemente l’immigrazione clandestina.

Finché non garantiremo il successo e l’efficacia delle deportazioni al 100% – cosa che, se non impossibile, è ben lungi dall’essere raggiunta – è indiscutibile che l’obiettivo principale deve essere quello di impedire loro di entrare nel territorio europeo; perché una volta in Europa, se il rimpatrio non è garantito, il problema è già dentro.