
Se pensiamo al clima del 28 febbraio alla Casa Bianca, teatro dell’incontro-scontro tra il Presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, quello cui stiamo assistendo in questi giorni è uno scenario del tutto nuovo e rinnovato. Siamo passati attraverso diverse fasi. Dallo scontro aperto tra i due leader fino ai tentativi dell’Ucraina di ricucire, passando per l’incertezza delle posizioni russe e il fastidio del tycoon davanti all’impossibilità di prevedere (perlomeno sul breve periodo) le mosse di Mosca. Il tutto condito da quello che nell’iconografia di questa congiuntura storica verrà sicuramente ricordato come il “dialogo del Vaticano”. Due semplici sedie, in uno scenario tanto stupendo quanto surreale a fare da cornice ad un dialogo fitto tra due leader impegnati a trovare un accordo per avviare l’Ucraina verso una pace giusta e condivisibile. Fino alla firma, nei giorni scorsi, del trattato sulle terre rare, che si sarebbe dovuto siglare già a fine febbraio ma, evidentemente, allora i tempi non erano ancora maturi.
L’ACCORDO TRA KIEV E WASHINGTON
Per guardare a questo accordo, che comunque dovrà essere approvato anche dal Parlamento di Kiev, partiamo da quanto espresso formalmente dalla Casa Bianca. I documenti ufficiali parlano di una partnership economica che renderà possibile ai due Paesi una collaborazione e degli investimenti per far sì che la ripresa economica dell’Ucraina possa accelerare. Il tutto sottolineando che ad oggi la presidenza di Trump si impegna in un processo di pace che punti ad ottenere un’Ucraina libera e sovrana, oltre che prospera. Una posizione molto più avanzata rispetto alle prese di posizione del tycoon della prima ora, che invece vedevano, di fatto, uno Zelensky costretto a sedersi al tavolo della trattativa dalla parte dei vinti.
UNO SGUARDO ALLA RICOSTRUZIONE
Quello che per comodità continuiamo a chiamare trattato sulle terre rare, in realtà si occupa di una serie di aspetti molto più ampi che guardano avanti verso quelli che saranno i futuri meccanismi di ricostruzione del Paese dilaniato dal conflitto, oltre al petrolio e al gas naturale. Il fondo di investimento che verrà realizzato, infatti, punta ad una gestione congiunta e paritaria, ma soprattutto elimina qualsiasi obbligo di debito da parte ucraina. Il riferimento è legato alle precedenti richieste avanzate dal tycoon al premier ucraino per restituire gli aiuti (si parla di 350 miliardi di dollari, ma la cifra è controversa) forniti durante il conflitto. Oltre queste rassicurazioni, che pesano non poco sulla sicurezza del futuro economico del Paese, è importante sottolineare che, secondo le bozze trapelate alla stampa, l’Ucraina dovrebbe mantenere il pieno controllo sul suo sottosuolo e sulle infrastrutture, oltre che sulle risorse naturali.
UNA POSIZIONE PIÙ DURA NEI CONFRONTI DI MOSCA
Rispetto all’approccio iniziale di Donald Trump, che faticava persino a sottolineare da che lato siano cominciate le ostilità, la situazione sembra notevolmente cambiata in favore di Kiev. Intanto, nel testo del trattato si farebbe riferimento ad un’invasione su larga scala da parte della Russia. Una presa di posizione importante, quindi, che fa il paio con l’assunto secondo cui né gli Stati né i singoli che abbiano in qualche modo finanziato l’impegno di Mosca in questo conflitto potranno mai beneficiare in alcun modo della ricostruzione dell’Ucraina. Una posizione importante, che sembra quindi tracciare una riga, questa volta condivisa anche dall’Amministrazione statunitense.
IL RUOLO DELL’EUROPA
Per Kiev non ci sarebbero nemmeno pericoli per ciò che riguarda la sua volontà di entrare nell’Unione Europea. Le criticità erano infatti state paventate in merito al carattere preferenziale del partner commerciale statunitense. Un rapporto che potrebbe però confliggere in futuro, con le disposizioni e i trattati sottoscritti dai Paesi membri. Ma gli Stati Uniti non sembrano voler incidere su questo aspetto o sul processo di adesione di Kiev, che verrebbe invece riconosciuto nel testo dagli stessi USA. Verrebbe riconosciuta anche l’importanza che questo trattato non entri in alcun modo in conflitto con questo processo, tanto che, qualora Kiev dovesse avere bisogno di rivedere alcuni termini di quanto sottoscritto (ad esempio per far fronte agli obblighi derivanti dall’ingresso nell’Unione Europea), si potrebbero aprire dei nuovi negoziati.
I PROSSIMI PASSI
Naturalmente, il testo deve passare al vaglio del Parlamento ucraino e di certo non basterà a far sedere le parti ad un tavolo del negoziato, ma perlomeno sembra averne ridisegnato la geometria che, fino a pochi giorni fa, sembrava estremamente sbilanciata verso Est.