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L’Europa rialza lo scudo sull’acciaio: la nuova strategia comunitaria tra dazi, sovraccapacità e sovranità industriale

Commercio ed Economia - Ottobre 22, 2025

L’industria siderurgica mondiale è investita da una duplice pressione: da un lato, l’adozione di politiche protezionistiche negli Stati Uniti, culminate con i dazi sull’acciaio e sull’alluminio imposti dall’amministrazione Trump; dall’altro, la crescente ondata di esportazioni a basso costo provenienti dall’Asia, in particolare dalla Cina, dove il settore beneficia di consistenti sussidi statali e di un eccesso strutturale di capacità produttiva. Secondo le stime dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, la sovraccapacità globale ha superato i 600 milioni di tonnellate nel 2023 e potrebbe oltrepassare i 720 milioni entro il 2025. Ciò significa che le acciaierie di tutto il mondo producono molto più di quanto il mercato possa assorbire, generando una concorrenza al ribasso che penalizza soprattutto i produttori europei, già gravati da costi energetici più elevati e da normative ambientali stringenti. Il risultato è un indebolimento progressivo del tessuto industriale del continente: numerosi stabilimenti hanno ridotto l’attività o sospeso la produzione, mentre nel solo 2024 si sono persi circa 18.000 posti di lavoro. L’Europa si trova così di fronte a una sfida cruciale: decidere se difendere la propria capacità produttiva o accettare un ruolo marginale nel nuovo equilibrio globale.

LA RISPOSTA EUROPEA

La Commissione europea aveva annunciato già a marzo 2025 l’intenzione di presentare un piano d’azione per il settore siderurgico, in risposta diretta ai dazi statunitensi. L’obiettivo era duplice: contrastare le misure ritenute sleali da parte dei partner commerciali e rivedere i limiti alle importazioni introdotti durante la disputa sull’acciaio iniziata nel 2018. Tali limiti, ancora in vigore, scadranno nel giugno 2026, ma Bruxelles ha voluto anticipare i tempi per garantire continuità alla protezione del mercato interno. Il 7 ottobre 2025 la Commissione ha formalizzato la sua proposta, delineando un pacchetto di misure di portata storica. Il piano prevede di dimezzare la quantità di acciaio che può essere importato nell’Unione senza dazi, riducendola da 30,5 a 18,3 milioni di tonnellate annue. Per le importazioni, oltre tale soglia verrà applicata una tariffa del 50 per cento, il doppio rispetto all’attuale livello del 25%. L’iniziativa, definita dalla presidente Ursula von der Leyen come necessaria e urgente, mira a ristabilire un equilibrio competitivo tra i produttori europei e i concorrenti extraeuropei. La Commissione ha, inoltre, introdotto la cosiddetta regola del melt and pour, che obbliga gli importatori a dichiarare il luogo in cui l’acciaio è stato effettivamente prodotto. Tale misura nasce dall’esigenza di evitare l’elusione dei dazi attraverso la rietichettatura dell’origine dei prodotti, pratica diffusa soprattutto in Cina, che spesso esporta acciaio passando per Paesi intermediari.

SOVRACCAPACITÀ E CONCORRENZA ASIATICA

Il principale elemento di vulnerabilità per la siderurgia europea è rappresentato dall’espansione dell’offerta asiatica. La Cina, che produce più della metà dell’acciaio mondiale, ha continuato a sostenere la propria industria attraverso sussidi pubblici, alimentando una dinamica di dumping che si traduce in prezzi artificialmente bassi. L’effetto domino è evidente: la Turchia, l’India, il Vietnam e la Corea del Sud — spesso partner o intermedi nella catena di esportazione cinese — sono oggi tra i principali fornitori di acciaio per l’Unione Europea. Per i produttori europei questo scenario è diventato insostenibile. Le acciaierie del continente lavorano attualmente al 67% della loro capacità. Con le nuove misure, Bruxelles punta a riportare il tasso di utilizzo all’80%, garantendo maggiore stabilità occupazionale e industriale. Il fenomeno della sovraccapacità non è solo economico, ma anche geopolitico. La disponibilità di grandi quantità di acciaio a basso costo consente alla Cina di esercitare un’influenza strategica sui mercati globali, mentre l’Europa rischia di perdere non solo competitività ma anche autonomia in settori chiave come l’automotive, le infrastrutture e la difesa. Di qui la crescente consapevolezza che la questione siderurgica non può essere trattata come un semplice problema commerciale, ma come un elemento di sicurezza economica e industriale.

LA DIMENSIONE TRANSATLANTICA: TRA CONCORRENZA E COOPERAZIONE

Le nuove misure europee si collocano in un contesto di rinnovato confronto con gli Stati Uniti. Nonostante le tensioni derivanti dai dazi americani sull’acciaio e sull’alluminio europei (pari al 50% e tuttora in vigore), Bruxelles e Washington condividono un obiettivo comune: limitare l’impatto della sovraccapacità globale e contrastare le pratiche di dumping, soprattutto quelle di matrice cinese. L’Unione Europea intende quindi mantenere un dialogo costruttivo con gli Stati Uniti per elaborare strategie coordinate di difesa industriale. Tuttavia, la scelta di applicare le nuove quote anche alle importazioni provenienti dal mercato americano riflette la volontà europea di adottare un approccio equilibrato e indipendente, basato su regole uguali per tutti. Si tratta di una differenza significativa rispetto alla politica statunitense, più selettiva e apertamente protezionista. In questo quadro, la posizione europea si definisce come una forma di “protezione legittima”, compatibile con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Bruxelles non intende avviare una guerra commerciale, ma riaffermare il principio della reciprocità e della leale concorrenza. L’obiettivo è proteggere l’industria europea senza compromettere l’apertura del mercato, mantenendo circa il 10 per cento del comparto siderurgico accessibile alla concorrenza internazionale.

SOVRANITÀ INDUSTRIALE E REINDUSTRIALIZZAZIONE EUROPEA

La strategia della Commissione rappresenta un cambio di paradigma nella politica industriale europea. Per la prima volta, l’Unione afferma in modo esplicito il principio della sovranità industriale: la necessità di preservare la capacità produttiva sul territorio come condizione per l’autonomia economica e la sicurezza strategica. Il commissario per le politiche industriali, Stéphane Séjourné, ha sintetizzato l’obiettivo del nuovo piano con una formula chiara di reindustrializzare l’Europa. Il concetto va oltre la mera difesa del comparto siderurgico, configurandosi come un tentativo di ridare centralità al settore manifatturiero in un’epoca di transizione ecologica e di competizione globale. Il dibattito interno alla Commissione è stato intenso. Alcuni commissari sostenevano la possibilità di ridurre la produzione di massa concentrandosi esclusivamente sull’acciaio “verde” o di altissima qualità, compatibile con gli obiettivi climatici del Green Deal. Altri, invece, hanno difeso l’idea di mantenere un’industria diversificata, capace di produrre acciaio per la difesa, le infrastrutture e l’automotive. Ha prevalso la seconda linea, che lega la protezione dell’acciaio a una visione di lungo periodo della sovranità economica europea.

IMPLICAZIONI ECONOMICHE E SOCIALI

Il nuovo pacchetto di misure è stato accolto con favore dalle principali organizzazioni del settore. Eurofer, la federazione dei produttori europei, ha parlato di “una svolta necessaria”, mentre i sindacati hanno espresso un cauto ottimismo, sottolineando la possibilità di salvaguardare migliaia di posti di lavoro. Dal punto di vista economico, la Commissione prevede un impatto moderato sui prezzi: un aumento medio del 3%, equivalente a circa 50 euro in più per un’automobile e a un euro per una lavatrice. Bruxelles considera questo effetto un sacrificio sostenibile a fronte della tutela della sicurezza industriale e dell’occupazione. Tuttavia, la riuscita del piano dipenderà anche dal sostegno politico degli Stati membri. La Germania, primo produttore automobilistico europeo e grande consumatore di acciaio, non ha ancora espresso una posizione definitiva. Il suo appoggio sarà determinante per l’approvazione del provvedimento.

PROSPETTIVE E SIGNIFICATO STRATEGICO

L’Unione Europea intende approvare le nuove regole entro il 30 giugno 2026, quando scadrà l’attuale regime di quote. A differenza delle misure precedenti, spesso temporanee e limitate, il nuovo sistema è concepito come una protezione strutturale e permanente. Ciò segna il passaggio da un approccio difensivo a una politica industriale proattiva, orientata alla ricostruzione della base produttiva continentale. In prospettiva, la strategia europea sull’acciaio potrebbe diventare un modello per altri settori strategici, come le batterie, i semiconduttori e le tecnologie verdi, dove l’autonomia produttiva è sempre più percepita come un elemento essenziale di sovranità. La sfida non riguarda solo l’economia, ma la stessa identità dell’Europa in quanto potenza industriale. Difendere l’acciaio significa difendere la capacità di costruire infrastrutture, veicoli e strumenti di difesa: in altre parole, la capacità dell’Europa di essere protagonista nel nuovo ordine mondiale.

L’ACCIAIO È UN SIMBOLO DI SOVRANITÀ

Il piano siderurgico europeo del 2025 rappresenta un punto importante nella politica economica dell’Unione. Di fronte alla concorrenza sleale asiatica e al protezionismo statunitense, Bruxelles sceglie di riaffermare la propria autonomia produttiva, ponendo le basi di una politica industriale fondata su equilibrio, resilienza e sostenibilità. La decisione di dimezzare le quote di importazione e di innalzare i dazi al 50 per cento non è soltanto una misura tecnica, ma un atto politico che ridefinisce il rapporto dell’Europa con la globalizzazione. In un mondo frammentato da tensioni economiche e geopolitiche, l’acciaio torna a essere un simbolo di sovranità: un metallo che, ancora una volta, segna il confine tra dipendenza e indipendenza industriale.