
L’annuncio da parte dell’amministrazione statunitense di applicare un dazio del 100% ai film prodotti al di fuori del territorio nazionale segna una svolta significativa nelle relazioni commerciali tra Stati Uniti ed Europa. Tale misura, inserita in un contesto già caratterizzato da tensioni sul piano degli scambi culturali e regolatori, rischia di compromettere profondamente la competitività dell’industria cinematografica europea e, in particolare, italiana. La decisione rappresenta una risposta diretta alle politiche comunitarie, che obbligano le piattaforme di streaming operanti nell’Unione a riservare quote significative delle proprie librerie a contenuti europei e a reinvestire parte dei profitti nella produzione locale.
EFFETTI SUI FLUSSI COMMERCIALI E SULL’EXPORT
La nuova barriera tariffaria si innesta su una dinamica già segnata da un calo delle esportazioni italiane. Secondo gli ultimi dati diramati dall’ISTAT nei giorni scorsi, ad agosto si è registrata una contrazione delle vendite italiane verso gli Stati Uniti pari al 21,2% su base annua, mentre la flessione complessiva delle esportazioni extra-UE ha coinvolto quasi tutti i principali partner commerciali, con punte del -26,1% per la Turchia. A fronte di questi dati negativi, soltanto Regno Unito (+4,9%) e Svizzera (+4,7%) hanno mostrato andamenti positivi. È significativo, inoltre, che nello stesso periodo le importazioni dagli Stati Uniti siano cresciute del 68,5%, accentuando il disequilibrio commerciale e riducendo l’avanzo con i Paesi extra-UE a 1,777 miliardi, rispetto ai 2,794 miliardi registrati l’anno precedente.
LA VULNERABILITÀ DEL SETTORE CINEMATOGRAFICO
Il settore audiovisivo europeo, che nel 2023 ha portato 4,8 milioni di titoli sugli schermi statunitensi, si trova ora esposto a una minaccia di effettiva marginalizzazione. La distribuzione americana rappresenta una componente essenziale dei ricavi per molte produzioni europee, specialmente per i cosiddetti “film evento” ad alto budget, i cui incassi dipendono in larga parte dai mercati esteri. L’imposizione di dazi di tale portata comporterebbe un incremento drastico dei costi per gli importatori statunitensi, traducendosi inevitabilmente in minore accessibilità e competitività delle opere europee nelle sale e sulle piattaforme statunitensi.
L’IMPATTO SULL’ITALIA
Per il sistema cinematografico italiano, storicamente caratterizzato da una consolidata propensione alla coproduzione internazionale e da una significativa dipendenza dall’esportazione di titoli come pilastro della sostenibilità economica, l’introduzione di tali misure restrittive o tariffarie determina un’erosione critica delle fondamenta strutturali dell’industria. Questa vulnerabilità è amplificata dal ruolo che il mercato estero, e in particolare quello nordamericano, svolge nel riequilibrio dei bilanci produttivi e nella validazione artistica internazionale. Le conseguenze di tale impatto non si esauriscono a livello della produzione primaria, ma si propagano in modo sistemico, generando un effetto domino negativo sull’intera filiera: dalla distribuzione alla post-produzione, fino ai servizi ausiliari. In questo contesto, il deterioramento osservato nell’export verso gli Stati Uniti non deve essere interpretato come un semplice dato congiunturale, bensì come un indicatore anticipatorio delle crescenti e profonde difficoltà che i produttori italiani dovranno affrontare per mantenere la propria competitività. Ulteriori fattori di stress sono rappresentati dalla convergenza di barriere commerciali punitive – come i dazi – e dalle fluttuazioni avverse del regime di cambio euro-dollaro. La documentata variazione media del 10% registrata in quest’ultimo indice nell’arco degli ultimi dodici mesi acuisce in modo significativo la pressione finanziaria. Questo duplice vincolo si traduce in una drastica contrazione dei margini operativi di profitto e pone in seria difficoltà la sostenibilità a lungo termine delle iniziative orientate al mercato transnazionale.
DINAMICHE GLOBALI E STRATEGIE INDUSTRIALI
Un ulteriore elemento da considerare è la pratica consolidata delle grandi case di produzione statunitensi di ricorrere a location estere per beneficiare di incentivi fiscali e costi di produzione inferiori. L’adozione di barriere tariffarie si pone in contraddizione con tali dinamiche globali, rischiando di alimentare tensioni non solo con i partner europei ma anche con Paesi come Canada e Regno Unito, che ospitano importanti poli produttivi. Per l’industria europea diventa, pertanto, cruciale sviluppare strategie di diversificazione dei mercati di sbocco, rafforzare i canali distributivi intra-UE e incrementare la cooperazione con aree emergenti, al fine di ridurre la dipendenza dal mercato statunitense. L’introduzione di dazi del 100% sui film stranieri da parte degli Stati Uniti non rappresenta soltanto una misura protezionistica di natura commerciale, ma anche un attacco diretto al principio della circolazione culturale internazionale. Le conseguenze per l’industria cinematografica europea e italiana rischiano di essere severe, amplificando le già evidenti difficoltà legate al calo dell’export e alle oscillazioni valutarie. In tale scenario, il rafforzamento delle politiche europee a sostegno del settore audiovisivo appare indispensabile per garantire la competitività e la sopravvivenza di un comparto strategico non solo per l’economia, ma anche per l’identità culturale del continente.