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Sondaggio ECR: Difesa e spesa militare in Europa

Politica - Dicembre 27, 2025

L’Unione Europea deve affrontare una realtà strategica per quanto riguarda la sicurezza dei suoi cittadini. Un recente studio commissionato dal Partito ECR rivela cosa pensano i cittadini degli Stati membri riguardo all’aumento delle spese per la difesa, alla sovranità degli Stati e al debito comune dell’UE. I tempi in cui viviamo, in un’Europa segnata dall’insicurezza geopolitica, dove il conflitto al confine orientale, unito alle pressioni ibride e a un ordine internazionale sempre più frammentato, richiedono un serio dibattito sulla spesa necessaria per la difesa. Questo dibattito sembra aver definitivamente superato l’ambito tecnico per entrare nel cuore della politica democratica dei leader europei.

Il sondaggio condotto da PollingEurope a novembre, su richiesta di ECRP Party, fornisce una delle più chiare e recenti istantanee di come i cittadini dell’Unione Europea percepiscono i costi crescenti dell’industria degli armamenti, le priorità strategiche e i limiti dell’integrazione europea nel campo della sicurezza. Al di là delle cifre fornite, lo studio racconta una storia coerente: I cittadini dell’UE sono favorevoli e d’accordo con il rafforzamento della difesa, ma non in qualsiasi forma. Gli europei vogliono la sicurezza, ma non a costo della sovranità nazionale. Accettano la cooperazione, ma vedono con sospetto l’integrazione fiscale e la mutualizzazione del debito comune dell’Unione. In questo contesto generale, la posizione dell’elettorato dell’ECRP (Partito Europeo dei Conservatori e Riformisti) non appare come un’eccezione ideologica, ma come un’espressione coerente e strutturata di intuizioni ampiamente condivise nella società europea.

Un apparente consenso: il 75% degli europei vuole investimenti nella difesa

Il primo e più importante risultato del sondaggio dello scorso mese rivela un consenso maggioritario tra i cittadini a favore di un aumento degli investimenti nella difesa. In tutti i 27 Stati membri, il 75% degli intervistati ritiene che l’Europa debba investire nella difesa, sia attraverso un sistema europeo comune sia rafforzando gli eserciti nazionali e cooperando con la NATO. Questa percentuale piuttosto significativa è notevole non solo per le sue dimensioni ma anche per la sua distribuzione geografica. Anche gli intervistati che vivono nei paesi dell’Europa occidentale, tradizionalmente più riluttanti alla militarizzazione, hanno espresso il loro sostegno agli investimenti nell’industria degli armamenti e tale sostegno sembra essere forte. All’estremo opposto, nell’Europa centrale e orientale, dove la minaccia della Federazione Russa è percepita come molto diretta, il sostegno pubblico agli investimenti militari sale a oltre l’80%, mentre in Polonia, il paese europeo con il confine più lungo con l’Ucraina, dove da quasi tre anni è in corso un grave conflitto, il sostegno alla difesa raggiunge un impressionante 89%. Questa convergenza evidenzia un fatto fondamentale, ovvero che il dibattito non riguarda più “se” l’Unione Europea debba investire nella difesa, ma “come”, “quanto” e “in quale quadro politico” effettuerà questo investimento.

Possiamo affermare che esistono due visioni della sicurezza europea. In questo caso, si parla di integrazione europea contro sovranità nazionale. Da questo punto di vista, il sondaggio evidenzia una divisione quasi perfettamente equilibrata tra i due modelli di sicurezza preferiti dai cittadini europei. Secondo lo studio, a livello europeo, il 37% dei cittadini è favorevole a investire in un sistema di difesa comune dell’Unione Europea, mentre il 38% degli intervistati preferisce rafforzare gli eserciti nazionali in stretta collaborazione con la NATO. Questa polarizzazione non può essere considerata superficiale perché in realtà riflette due visioni distinte del futuro del progetto europeo di investimento nella difesa. Dal punto di vista del primo approccio, la sicurezza può essere definita come un nuovo motore dell’integrazione, un passo naturale verso una “Unione geopolitica”. Il secondo approccio parte dall’idea che la sicurezza sia un attributo fondamentale dello Stato-nazione e che gli Stati membri debbano svolgere un ruolo complementare e non sostitutivo. È importante notare che questo secondo approccio, la sicurezza dello Stato nazionale, è molto in linea con la posizione dell’ECR, che si allinea in modo più evidente con una parte significativa dell’opinione pubblica. Con il 53%, gli elettori e i sostenitori dell’ECR sono il gruppo più coerente nel sostenere il rafforzamento degli eserciti nazionali e la cooperazione degli Stati membri con la NATO, rifiutando esplicitamente l’idea di una difesa sovranazionale completamente integrata. Questa posizione non può essere vista come isolazionismo, ma deve essere riconosciuta come realismo strategico, dato che la NATO è percepita come una garanzia di sicurezza credibile, mentre gli Stati nazionali rimangono gli attori legittimi nell’uso della forza.

Le vere priorità degli europei sono la difesa pragmatica, non quella simbolica.

Forse la sezione più rilevante dello studio di PollingEurope è quella dedicata alle priorità di difesa concrete. In questa sezione, il discorso astratto sull'”autonomia strategica” è sostituito da opzioni estremamente pragmatiche. Così, la prima priorità indicata dai cittadini che hanno risposto al sondaggio (il 36%) è quella di rafforzare il monitoraggio dello spazio aereo dell’Unione Europea e prevenire gli attacchi con i droni da parte della Federazione Russa. Questa opzione riflette le dure lezioni della guerra in Ucraina e la consapevolezza della vulnerabilità delle infrastrutture civili e militari a tecnologie relativamente poco costose (poche migliaia di dollari/il costo di un drone) ma estremamente efficaci nel causare immensi danni materiali. Al secondo posto nella gerarchia delle priorità c’è il rafforzamento delle capacità di intelligence e la lotta alla propaganda e alla disinformazione. Questa priorità è condivisa dal 33% degli intervistati. Il fatto che questa preferenza superi i tradizionali investimenti nell’industria degli armamenti dimostra una maturazione dell’opinione pubblica, ovvero che la guerra moderna è informativa prima che cinetica.

 

I sistemi di difesa missilistica tipo Iron Dome sono al terzo posto con il 30% di consensi tra i cittadini, seguiti dal rafforzamento delle frontiere esterne dell’Unione Europea attraverso la presenza militare e le barriere fisiche, con il 28% degli intervistati a favore dell’idea. Si tratta di una questione spesso estremamente politicizzata, ma che ora sta assumendo una dimensione strategica: questi risultati mostrano chiaramente che i cittadini dell’UE non separano più la sicurezza esterna dal controllo delle frontiere. Tuttavia, è interessante notare che priorità come il servizio militare obbligatorio a livello europeo o l’espansione dell’arsenale nucleare europeo rimangono un’opinione minoritaria. I cittadini comuni vogliono una protezione efficace, non progetti ideologici o simbolici.

L’elettorato dell’ECR: convergenza strutturale, non circostanziale

Un’analisi suddivisa per gruppi politici europei conferma che l’elettorato dell’ECR è tra i più coerenti in materia di difesa. Gli elettori e i sostenitori dell’ECR sostengono gli investimenti per la difesa con un’alta percentuale dell’83%, ma hanno una chiara preferenza per le soluzioni basate sulla sovranità nazionale, sulla NATO e sulla cooperazione intergovernativa. Per quanto riguarda le priorità di spesa per la difesa, gli elettori dell’ECR sono al di sopra della media rispetto ad altri cittadini con opinioni ideologiche diverse per quanto riguarda il sostegno alla difesa aerea, alla protezione dei confini e alle capacità di deterrenza. Allo stesso tempo, gli elettori dell’ECR sono sempre scettici sull’idea di politiche di difesa completamente comuni imposte a livello europeo. Questa posizione degli elettori dell’ECR non riflette solo un’ideologia conservatrice, ma anche un’attenta lettura dell’opinione pubblica. In molti Stati membri, in particolare nell’Europa centrale e orientale, l’attaccamento alla sovranità è direttamente collegato alle recenti esperienze storiche e la sicurezza nazionale è percepita come inseparabile dal controllo nazionale.

Debito comune europeo, la linea rossa dell’opinione pubblica

Dal punto di vista degli investimenti militari, possiamo dire che esiste un consenso relativamente ampio tra i cittadini che hanno risposto al sondaggio, ma le cose cambiano radicalmente quando la discussione si sposta sulle modalità di finanziamento. La questione della creazione di un debito comune europeo dedicato esclusivamente alle spese militari divide profondamente l’opinione pubblica. In tutti i 27 Stati membri, solo il 42% degli intervistati sostiene l’idea di un debito comune tra gli Stati, mentre il 39% è contrario e il resto degli intervistati è indeciso. Le differenze di opinione diventano ancora più chiare se analizziamo gli elettori per gruppo politico. Gli elettori dell’ECR sono tra i più scettici, con il 45% contrario al debito comune dell’UE e solo il 40% a favore. Questa riluttanza non può essere considerata solo un riflesso euroscettico, ma esprime timori legittimi sulla mutualizzazione dei rischi fiscali, sulla perdita del controllo di bilancio e sulla trasformazione della difesa in un pretesto per accelerare l’integrazione fiscale. Non è più una novità che l’esperienza dei fondi comuni utilizzati dall’UE durante la pandemia continui ad alimentare il sospetto che il debito comune, una volta creato, tenda a diventare permanente.

Integrazione e legittimità democratica. Un’Europa più realistica, non necessariamente più federale

Uno dei messaggi chiave dello studio, forse il più importante, è che l’integrazione europea nel campo della difesa non si scontra con l’opposizione alla sicurezza, ma con un problema di legittimità democratica. I cittadini dei Paesi dell’UE accettano la cooperazione, ma allo stesso tempo vogliono mantenere il controllo politico sulle decisioni fondamentali riguardanti la spesa militare, le priorità e gli impegni.

In questo contesto, la posizione dei sostenitori dell’ECR sembra essere un ponte tra la necessità di adattarsi alle nuove minacce militari che incombono sull’Unione e il rispetto del quadro democratico nazionale. Non si tratta di rifiutare l’Unione Europea, ma di rifiutare un modello centralizzato che non riflette pienamente la diversità storica, strategica e politica degli Stati membri. Proprio per questo il sondaggio di PollingEurope del novembre 2025 offre una chiara lezione ai decisori di Bruxelles, che dovrebbe essere appresa da coloro che vogliono che tutti gli Stati siano indebitati sotto l’ombrello unico dell’Unione Europea. Se guardiamo all’interpretazione del sondaggio in modo imparziale e logico, possiamo dire che i cittadini europei vogliono sicurezza, ma alle loro condizioni, non imposta da una decisione politica. È proprio per questo che i partecipanti allo studio chiedono soluzioni concrete come la difesa aerea, l’intelligence e la protezione delle frontiere, mentre allo stesso tempo vedono con cautela progetti di integrazione fiscale o militare che sembrano andare oltre il mandato del voto democratico. In questo contesto, la convergenza tra l’opinione pubblica e le posizioni dell’ECR in materia di difesa non può essere considerata un’anomalia, ma è in realtà il sintomo di un’Europa sempre più lucida, sempre più attenta alle spese e sempre più consapevole dei limiti dell’integrazione. Per questo motivo dobbiamo affermare che il futuro della difesa europea non può essere deciso solo nei documenti strategici, ma piuttosto nella capacità dei leader di rispettare questo fragile equilibrio tra cooperazione e sovranità, perché l’Europa non può più permettersi il lusso dell’ingenuità strategica e, allo stesso tempo, non sembra disposta a rinunciare al controllo democratico in nome di una sicurezza astratta. Il sondaggio di PollingEurope condotto a novembre lo dimostra con una chiarezza raramente riscontrabile nell’attuale dibattito pubblico.