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Donne e materie STEM: pari opportunità nella formazione universitaria

Commercio ed Economia - Ottobre 18, 2022

STEM (acronimo di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e donne: una combinazione vincente, ma solo a metà. Questo perché i dati raccolti sull’argomento evidenziano una netta disparità di genere: i ragazzi rappresentano il maggior numero di iscritti ai corsi di laurea in materie scientifiche. Ma c’è un problema: negli ultimi anni, l’interesse per queste materie è cresciuto anche tra le ragazze e, di conseguenza, sono aumentate le iscrizioni agli istituti scientifici e tecnologici. D’altra parte, il mondo ha sempre più bisogno di figure lavorative in grado di ricoprire ruoli specifici nel campo della scienza e della tecnologia.

 

Quando parliamo di disparità, ci riferiamo alle ragioni sociali, pratiche e culturali che portano a questo divario. Quindi, partiamo dal presupposto che l’idea che le giovani donne non si avvicinino alle materie scientifiche non è sempre una scelta libera e consapevole; ci sono dei paletti, a volte ideali, a volte strutturali, che costituiscono dei grossi ostacoli. Se è vero che il mercato del lavoro offre pochi stimoli e opportunità – e l’astronauta Samantha Cristoforetti, ora a capo della Stazione Spaziale Internazionale, sarà felice di dissentire – sono anche i retaggi culturali, i pregiudizi e l’opinione pubblica a formare un muro difficile da abbattere. Infatti, come in altri settori, la parità tra uomini e donne non è ancora stata raggiunta nel mondo dell’istruzione, nonostante il calendario ci ricordi che corre l’anno 2022.

STEM e donne: dati attuali

 

Prima di procedere all’analisi delle ragioni per cui si parla di gender gap nelle STEM, riportiamo alcuni dati utili. In Italia, per l’anno accademico 2020/2021, le donne rappresentano il 60% dei laureati (dati tratti dal Primo Rapporto Tematico di Genere di Almalaurea: “Laureati e laureate: Scelte professionali, esperienze e risultati”). Tuttavia, un’indagine condotta da Ipsos per Save the Children, condivisa l’11 febbraio 2022 in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, riporta che nel 2021 solo il 22% delle ragazze del Bel Paese ha scelto di seguire le materie STEM. Sebbene il numero sia in aumento rispetto agli anni precedenti, si tratta comunque di cifre preoccupanti. Save The Children conferma, tuttavia, che tra le giovani studentesse c’è una grande consapevolezza di quanto possa essere cruciale il loro contributo nelle materie scientifiche e tecnologiche.

 

Estendendo l’analisi a livello globale, un recente rapporto di WeWorld, “We Stem for Our Future”, rileva che solo il 35% degli iscritti alle facoltà STEM in tutto il mondo appartiene al genere femminile. Approfondendo i dati, ad esempio, il 7% frequenta ingegneria, rispetto al 22% degli studenti maschi.

 

Ma perché questo accade? Perché, nonostante l’elevato interesse delle ragazze per le materie STEM, il quadro è così oscuro e nebuloso?

 

Una tendenza al ribasso dettata dal contesto socioeconomico

 

Le ragioni per cui le giovani donne non intraprendono un percorso nelle materie STEM sono da ricercare nel contesto socio-economico in cui crescono e si muovono quotidianamente.

Ciò si riflette in diversi studi condotti negli ultimi anni. Molte ragazze sono condizionate da retaggi culturali che, sebbene anacronistici, continuano a dettare legge. La professoressa di diritto dell’Università della California-Hastings Joan C. Williams afferma che il pregiudizio è ancora uno degli elementi più incisivi nella scelta del college e della carriera da intraprendere per le donne. Partendo dal presupposto che le donne guadagnano circa la metà delle loro controparti maschili nello stesso ruolo e che nel settore STEM negli Stati Uniti il genere femminile rappresenta il 27% della forza lavoro, Williams si è proposto di intervistare un campione di donne e uomini per restituire una riflessione fattuale sui pregiudizi. Dal sondaggio è emerso che molte donne sentono di dover dimostrare il proprio valore e le proprie capacità sia ai colleghi maschi che a quelli che ricoprono ruoli di comando. Inoltre, afferma che molte sentono una pressione costante per il solo fatto di essere donne: Williams spiega che alcune temono di essere considerate troppo femminili e di conseguenza di prestare troppa poca attenzione alle loro capacità; altre temono di essere considerate maschili se “trascurano” l’abbigliamento o la cura personale in generale. Il docente prosegue tracciando un altro profilo, che poi, in realtà, riguarda tutti gli ambiti lavorativi: diventare genitore e quindi perdere il ruolo di lavoratore per assumere quello di madre. In questo caso, occorre fare un’ulteriore valutazione: se le istituzioni non supportano adeguatamente le famiglie, può diventare complesso scardinare i lasciti. Quello che serve negli Stati Uniti, come in Italia, è un approccio adeguato alle politiche familiari.

 

C’è poi una questione rilevante, già introdotta da Williams, da esplorare: quella del risarcimento. Se le giovani donne hanno la percezione di partire svantaggiate, è chiaro che le loro aspirazioni vengono ridimensionate.

A questo proposito, un rapporto Confcommercio 2022 sulle imprese femminili, elaborato da Terziario Donna Confcommercio insieme al Centro Studi Camerali “Guglielmo Tagliacarne”, ha evidenziato che le imprese femminili in Italia hanno subito un forte calo nel 2021, -12,1%. Queste imprese faticano a tenere il passo delle imprese maschili e hanno una scarsa internazionalizzazione. Inoltre, non godono di investimenti favorevoli.

In ogni caso, anche le aziende preferiscono assumere uomini formati in materie STEM: sia perché il parterre è più ampio, considerando il numero di laureati in discipline scientifiche e tecnologiche, sia perché, come anticipato, si ritiene che il genere maschile abbia una predisposizione, una maggiore attitudine a questo tipo di attività.

 

Per la cronaca, si stanno facendo progressi. Sebbene la parità sia ancora lontana, gli ultimi dati Eurostat raccolti sull’argomento parlano di una crescita sul territorio europeo. C’è anche un altro fattore da considerare: il cambiamento della narrazione. Se il mondo si sta muovendo verso transizioni digitali ed ecologiche, saranno necessarie sempre più figure specializzate, indipendentemente dal genere, in grado di muoversi professionalmente. Anche la generazione più giovane sembra essere molto attenta al tema delle pari opportunità. Sui social network l’argomento è spesso dibattuto e sembra che i vecchi retaggi stiano lasciando il posto a una narrazione priva di vincoli che è obsoleta e ingiusta.

Ci sono anche sempre più “esempi” di donne in ruoli di leadership che diventano icone del cambiamento. Si è già parlato dell’astronauta Samantha Cristoforetti che, in occasione del lancio della bambola Barbie che la rappresenta nel 2018, ha espresso la speranza che: “Forse il divertimento e l’immagine della mia bambola che fluttua in assenza di gravità stimolerà l’immaginazione delle bambine e le porterà a considerare una carriera nelle STEM, sarebbe davvero qualcosa di straordinario”. Naturalmente si tratta solo di un esempio, perché delle seicento persone che finora hanno “galleggiato in assenza di gravità”, solo il 12% appartiene al genere femminile.

Tuttavia, i tempi sembrano essere maturi. E anche se le circostanze a volte complicano l’avanzamento del processo – pandemie e guerre – c’è un grande desiderio da parte dei giovanissimi e dei giovani di conoscere la scienza e le nuove tecnologie, indistintamente.

 

Durante l’ultima campagna elettorale, in Italia, quella che ha visto trionfare Fratelli di Italia, la leader del partito, Giorgia Meloni, ha ricordato l’importanza dello studio universitario e del diritto allo studio, rafforzando i sussidi e le borse di studio. Ha inoltre parlato di “sostegno” alle discipline STEM, riconoscendone la rilevanza soprattutto in quanto necessarie e internazionali.

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