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L’avvicinamento delle potenze eurasiatiche e l’idea di una nuova alleanza in chiave anti-atlantica

World - Settembre 9, 2025

Negli ultimi anni si è assistito a un progressivo mutamento degli equilibri geopolitici globali. Al centro di questo processo si collocano Russia e Cina, attori che, pur con interessi divergenti in alcuni ambiti, stanno tracciando le linee di un’intesa strategica volta a ridimensionare l’egemonia occidentale. Non si tratta soltanto di un coordinamento militare o di un’alleanza tattica su singoli dossier, ma di un progetto più ampio che mira a ridefinire la governance internazionale in senso multipolare, con l’Eurasia come nuovo polo di attrazione. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), insieme ai BRICS e ad altre piattaforme parallele, rappresenta oggi il principale laboratorio di questo esperimento politico ed economico. È in tale contesto che si delineano le premesse per un’alleanza anti-atlantica che, pur non dichiarata formalmente, si manifesta nelle scelte strategiche di Mosca e Pechino, e nella convergenza di altri attori regionali come India, Iran e Turchia. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, nata inizialmente come strumento di gestione della sicurezza regionale, ha progressivamente ampliato il proprio raggio d’azione fino a includere dimensioni economiche, energetiche e culturali. Con una popolazione che rappresenta circa il 40% del totale mondiale e un territorio che copre l’80% dell’Eurasia, la SCO è divenuta un foro privilegiato per consolidare legami e definire strategie comuni. L’inclusione di Paesi come India e Pakistan, oltre al dialogo con Stati mediorientali quali Turchia, Iran e Arabia Saudita, conferisce all’organizzazione un carattere sempre più globale. L’obiettivo non è soltanto rafforzare la cooperazione interna, ma anche costruire un fronte comune contro l’ingerenza occidentale in questioni percepite come interne allo spazio eurasiatico.

LA CRISI DEL MODELLO ATLANTICO E LA SPINTA VERSO IL MULTIPOLARISMO

Per comprendere le ragioni dell’avvicinamento eurasiatico occorre partire dal declino relativo della leadership statunitense e dalle fratture interne al campo euroatlantico. Le tensioni commerciali, i conflitti in Medio Oriente e in Ucraina, così come le incertezze sulle politiche di sicurezza e di allargamento della NATO hanno eroso la compattezza dell’Occidente. In questo scenario, Russia e Cina hanno trovato terreno fertile per proporre un’alternativa alla cosiddetta “mentalità da Guerra fredda”, termine con cui indicano la logica dei blocchi contrapposti e il ricorso sistematico alle sanzioni come strumento di pressione politica. La narrativa del multipolarismo non è soltanto retorica: essa riflette la volontà di costruire un ordine internazionale in cui il potere non sia concentrato in un unico centro decisionale, ma distribuito tra più poli in grado di bilanciarsi reciprocamente. Mosca e Pechino si avvicinano, spinte da ragioni complementari. La Russia, isolata dopo l’invasione dell’Ucraina e colpita da un imponente regime sanzionatorio, vede nella Cina un partner indispensabile per aggirare le restrizioni occidentali e mantenere attivi i propri canali commerciali, soprattutto nel settore energetico. La Cina, dal canto suo, ha bisogno delle risorse naturali russe per sostenere il proprio sviluppo e considera l’alleanza con Mosca un tassello fondamentale nella costruzione di un ordine globale a misura dei propri interessi. Non mancano, tuttavia, elementi di diffidenza. In Siberia e nell’Asia centrale persistono rivalità territoriali e demografiche, mentre in ambito tecnologico la Cina tende ad assumere una posizione dominante che suscita preoccupazioni a Mosca. Nonostante queste tensioni latenti, il comune antagonismo verso gli Stati Uniti e il sistema occidentale appare oggi più forte delle divisioni.

ECONOMIA COME STRUMENTO DI POTERE

L’aspetto più rilevante della convergenza russo-cinese non è di natura militare, bensì economica. La crescente interdipendenza tra i due paesi, manifestata attraverso scambi commerciali in valuta locale e investimenti infrastrutturali connessi alla Nuova Via della Seta, rappresenta un passo verso la creazione di un sistema economico alternativo a quello dominato dal dollaro. Inoltre, l’integrazione con i BRICS amplia la portata di questo processo. Sommando le economie della SCO e dei BRICS si supera ormai la metà del prodotto interno lordo mondiale, con risorse energetiche e materie prime tali da garantire una significativa autonomia. In tale contesto, le politiche protezionistiche degli Stati Uniti – come l’aumento dei dazi nei confronti dell’India – finiscono per spingere ulteriormente questi paesi verso l’orbita sino-russa. Uno dei pilastri dell’alleanza eurasiatica è la gestione delle risorse energetiche. I paesi della SCO detengono quote consistenti delle riserve mondiali di petrolio, gas naturale, carbone e uranio, oltre a essere protagonisti emergenti nelle energie rinnovabili. Questo dato conferisce alla regione una posizione strategica nel mercato globale dell’energia, riducendo al tempo stesso la vulnerabilità rispetto a eventuali interruzioni provocate da pressioni esterne. La cooperazione energetica non si limita al commercio, ma si estende alla costruzione di infrastrutture, oleodotti e gasdotti che ridisegnano le rotte tradizionali, affrancandosi dai canali controllati dall’Occidente. La dimensione energetica diventa così un’arma geopolitica, capace di condizionare le scelte di governi e imprese in tutto il mondo.

DIMENSIONE MILITARE E STRATEGICA

Sebbene l’accento venga posto sull’economia, non si può trascurare l’aspetto militare. Russia e Cina, insieme all’India e ad altri membri della SCO, dispongono dei più grandi eserciti del pianeta, per un totale di quasi cinque milioni di effettivi. Inoltre, la somma degli arsenali nucleari dei paesi coinvolti supera numericamente quello della NATO, anche se permane un divario tecnologico a favore dell’Occidente. Le esercitazioni congiunte, le forniture di armamenti e lo sviluppo di tecnologie legate all’intelligenza artificiale testimoniano la volontà di rafforzare l’autonomia strategica. Tuttavia, più che una preparazione a un conflitto diretto, queste iniziative hanno una funzione deterrente e simbolica: mostrano all’Occidente che esiste un’alternativa credibile e organizzata all’egemonia atlantica. Un ulteriore fronte di competizione riguarda la tecnologia. La Cina, in particolare, punta a colmare e superare il divario con l’Occidente grazie a massicci investimenti nell’intelligenza artificiale, nella cybersicurezza e nelle telecomunicazioni. L’idea è che la superiorità tecnologica possa, nel medio periodo, compensare l’attuale vantaggio militare dell’Occidente e conferire alla coalizione eurasiatica un primato anche in questo campo. Questa strategia si innesta in una visione di lungo termine: non è necessario un confronto immediato, ma piuttosto la costruzione graduale di un ecosistema tecnologico autonomo e competitivo.

INDIA, MEDIO ORIENTE E AFRICA COME NUOVI SPAZI DI INFLUENZA

Un caso a parte è quello dell’India che, pur mantenendo legami con Washington e con l’Occidente, ha scelto di non allinearsi alle sanzioni contro Mosca e di continuare a commerciare petrolio e altre risorse con la Russia. Questa posizione riflette la volontà di difendere la propria sovranità economica e al tempo stesso di collocarsi come potenza autonoma all’interno del nuovo equilibrio multipolare. Il ruolo dell’India è cruciale perché aggiunge legittimità al progetto eurasiatico. La sua partecipazione dimostra che non si tratta di un’alleanza esclusivamente autoritaria o basata su regimi revisionisti, ma di un fronte più ampio che include democrazie emergenti interessate a ridurre la dipendenza dall’Occidente. La cooperazione eurasiatica non si limita al continente, ma si proietta verso l’Africa e il Medio Oriente. Attraverso investimenti infrastrutturali, accordi energetici e sostegno politico, Russia e Cina stanno costruendo un network di alleanze che sfida direttamente la tradizionale influenza europea e statunitense in queste aree. Il caso dell’Iran è emblematico: il sostegno politico e la difesa del programma nucleare rappresentano un chiaro segnale di opposizione alle pressioni occidentali.

IMPLICAZIONI PER L’EUROPA

L’Europa si trova in una posizione particolarmente delicata. Da un lato, resta ancorata all’Alleanza atlantica e alla dipendenza dalla sicurezza garantita dagli Stati Uniti; dall’altro, non può ignorare le opportunità offerte da un mercato eurasiatico in espansione. Le divisioni interne, sia politiche sia economiche, rischiano di indebolire la capacità europea di elaborare una strategia coerente.
In questo contesto, la pressione esercitata da Russia e Cina, attraverso strumenti energetici, economici e diplomatici, potrebbe favorire una progressiva erosione della compattezza europea, soprattutto se alcuni paesi membri sceglieranno di intrattenere rapporti privilegiati con l’Eurasia. L’avvicinamento tra Russia e Cina, e più in generale tra le potenze dell’Eurasia, non è un fenomeno passeggero, ma una trasformazione strutturale degli equilibri internazionali. Pur non essendo ancora un’alleanza formalizzata, il coordinamento in campo economico, energetico e militare costituisce già oggi una sfida rilevante all’ordine atlantico. La prospettiva è quella di un mondo sempre più multipolare, in cui l’Occidente non potrà più dettare unilateralmente le regole del gioco. Se questo porterà a un equilibrio stabile o a nuove forme di conflitto dipenderà dalla capacità delle parti di gestire le proprie rivalità interne e di evitare che la competizione si trasformi in scontro aperto. Quel che appare certo è che il centro di gravità del sistema internazionale si stia progressivamente spostando dall’Atlantico all’Eurasia.