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Il Patto per la Migrazione e l’Asilo contrasterà davvero l’immigrazione clandestina? Per niente

Legale - Novembre 26, 2025

Se gli Stati europei fossero davvero preoccupati per la sicurezza e il benessere dei propri cittadini, l’immigrazione clandestina verrebbe affrontata con tempestività e decisione, anziché con i cosiddetti patti burocratici, gli eufemismi e le minacce. C’è molta retorica e poca determinazione nel fare ciò che deve essere fatto per combattere davvero le ondate di migranti che continuano ad arrivare.

Non è difficile prevedere cosa ci riserverà il futuro se i responsabili delle decisioni continueranno a scegliere la retorica della “solidarietà e dell’inclusione” tra i “valori supremi” dell’UE, piuttosto che un piano realistico per ristabilire l’ordine e salvare la civiltà europea. È in gioco la nostra stessa sopravvivenza.

Mentre sempre più paesi chiedono esenzioni o denunciano apertamente il Patto sulla Migrazione e l’Asilo per quanto riguarda le quote di ridistribuzione dei migranti o i cosiddetti contributi (ovviamente finanziari), la Commissione Europea ha annunciato nuovi passi verso l’effettiva attuazione del Patto a partire da giugno 2026.

Qualche giorno fa, la Commissione ha lanciato con orgoglio il primo “Ciclo annuale di gestione della migrazione”, che comprende una panoramica e le sfide che gli Stati membri devono affrontare, oltre a una proposta di riserva annuale di solidarietà. Un passo “essenziale”, secondo la Commissione, verso un’attuazione “efficace” del Patto. È stata inoltre pubblicata la prima relazione annuale, relativa al periodo giugno 2024-giugno 2025, secondo la quale gli ingressi illegali nell’UE sono diminuiti di un terzo grazie alla maggiore cooperazione tra gli Stati membri. Le statistiche sono quindi incoraggianti.

Sentiamo parlare di “solidarietà” e “responsabilità” in quasi tutte le situazioni in cui si fa riferimento all’insieme di regole che dovrebbero disciplinare gli arrivi dei migranti nell’UE. Una “solidarietà” e una “responsabilità” che vengono imposte agli Stati membri.

Al di là della retorica, ecco come stanno le cose. Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca hanno ripetutamente affermato che non sosterranno il sistema delle quote, non spingeranno per la redistribuzione e non pagheranno un solo euro per gli immigrati solo in nome della “solidarietà”. Questi Paesi non hanno fatto mistero della loro posizione critica nei confronti del Patto, che considerano una minaccia importante e immediata alla sicurezza dei propri cittadini.

La Polonia e la Repubblica Ceca, a cui si aggiungeranno almeno altri quattro paesi – Austria, Bulgaria, Croazia ed Estonia – chiederanno al Consiglio dell’UE, dove sarà necessario un voto a maggioranza qualificata per ottenere l’esenzione dal “fondo di solidarietà”. Quanto sia realistico credere che solo alcuni paesi potranno ottenere l’esenzione, mentre altri saranno rifiutati e continueranno a essere soggetti al programma di “solidarietà” obbligatorio, resta da vedere.

Mentre i paesi dell’UE cercano di sfuggire a un patto che non vogliono, il governo laburista del Regno Unito, che deve far fronte a un’immensa pressione politica, sta adottando misure più severe contro gli immigrati sul suo territorio, cosa che fino a poco tempo fa sarebbe stata impensabile per un governo di sinistra. Mentre finora la sinistra li ha accolti a braccia aperte, ora sembra che si stia impegnando per scoraggiarli dal rimanere troppo a lungo. La riforma del sistema migratorio prevede il dimezzamento della durata del soggiorno da cinque anni a due anni e mezzo e il quadruplicamento del tempo necessario per ottenere lo status di residente permanente, da cinque anni a venti anni. Un’altra misura è l’eliminazione dell’accesso automatico all’assistenza sociale per i richiedenti asilo che si rifiutano di lavorare anche se sono in grado di farlo e per coloro che commettono reati. Niente di troppo severo, aggiungiamo noi.

Nessun patto e nessuna riforma possono funzionare se non viene rimossa la causa di questo cancro dilagante. L’immigrazione clandestina non può essere gestita appieno se non viene fermata alla fonte. Spostare i migranti da un paese all’altro, credendo che questo alleggerisca la pressione, e penalizzare finanziariamente gli Stati che si rifiutano di partecipare a questa follia non porterà a una lotta efficace contro questo flagello. La vera solidarietà di cui gli Stati membri hanno bisogno è quella di combattere il male con misure che abbiano un profondo effetto a lungo termine, non con politiche palliative.