fbpx

L’UE vieta la vendita di auto con motore a combustione interna, i giganti del settore automobilistico invitano all’attenzione

Energia - Settembre 6, 2025

Negli ultimi mesi, quasi tutti i paesi europei con un’industria automobilistica sono stati impegnati in un intenso dibattito su un argomento che cambierà radicalmente il futuro dei trasporti: il piano dell’Unione Europea di vietare completamente la vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035. Sebbene sia sostenuta da molti governi e organizzazioni ambientaliste, questa idea ha scatenato una tempesta di reazioni sia da parte dell’industria automobilistica che dei consumatori comuni. Tra i critici più accesi c’è il capo di uno dei maggiori gruppi automobilistici del mondo, Mercedes-Benz. Ola Kaellenius, CEO dell’azienda tedesca, ha ripetutamente avvertito che una simile decisione potrebbe causare enormi squilibri nel mercato automobilistico europeo e potrebbe addirittura portare al collasso dell’industria automobilistica se la transizione non sarà gestita con attenzione.

Per capire il contesto, è bene ricordare che il Parlamento Europeo ha già adottato una legge nel 2023 che stabilisce una graduale riduzione della produzione e della vendita di auto con motori a combustione interna. L’obiettivo finale di questa legge è che entro il 2035 saranno disponibili sul mercato automobilistico solo veicoli privi di anidride carbonica. Questa decisione fa parte del più ampio piano dell’Unione Europea per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In altre parole, entro la metà del secolo, l’Europa intende non contribuire più all’aumento delle emissioni inquinanti. L’Unione Europea, considerata come un blocco regionale, rappresenta circa il 6,1% delle emissioni totali di gas serra a livello globale (3,2 GtCO₂e), collocandosi al quinto posto a livello mondiale. La Cina è al primo posto con circa il 30% delle emissioni globali di gas serra, gli Stati Uniti l’11% del totale, l’India il 7,8% del totale e la Federazione Russa il 5% del totale delle emissioni globali di gas serra. Queste percentuali dovrebbero far riflettere innanzitutto i leader dei Paesi inquinanti e solo in un secondo momento i rappresentanti dell’UE. Tuttavia, la misura adottata dal Parlamento europeo non è stata esente da critiche. Molti esperti e rappresentanti dell’industria sostengono che le auto elettriche, viste come la principale alternativa alle auto a benzina e diesel, non sono ancora sufficientemente efficienti o accessibili. In effetti, negli ultimi tempi le vendite di veicoli elettrici hanno iniziato a mostrare segni di stagnazione e in alcuni Paesi sono addirittura diminuite, segno che l’entusiasmo iniziale degli acquirenti si è raffreddato.

In una recente intervista al quotidiano economico tedesco Handelsblatt, Ola Kaellenius (CEO di Mercedes-Benz) ha affermato che è necessario un “campanello d’allarme” prima che l’Unione Europea compia un passo decisivo. Ha sottolineato che la revisione degli obiettivi è prevista per la fine di quest’anno e che fino ad allora le conseguenze di un divieto totale dovrebbero essere analizzate attentamente. Dal punto di vista di Kaellenius, c’è il rischio che il divieto di produzione di motori a combustione interna possa avere l’effetto opposto a quello desiderato: invece di accelerare la transizione verso le auto elettriche, potrebbe incoraggiare le persone ad acquistare in massa veicoli a benzina e diesel prima della scadenza. In altre parole, se le persone sanno che dopo il 2035 non potranno più acquistare un’auto di questo tipo, molti cercheranno di assicurarsene una prima di quella data.

Inoltre, il direttore di Mercedes-Benz, che è anche a capo dell’Associazione Europea dei Produttori di Automobili (ACEA), propone un approccio diverso. Invece di divieti radicali, sostiene incentivi e incoraggiamenti sia per i produttori che per gli acquirenti. Tra le soluzioni suggerite ci sono sgravi fiscali per chi sceglie i veicoli elettrici o tariffe più basse per le stazioni di ricarica. In questo modo, l’adozione di auto a zero emissioni potrebbe diventare interessante per un numero maggiore di persone senza creare una pressione artificiale sul mercato. Kaellenius insiste anche sull’idea di “neutralità tecnologica”. A suo avviso, la decarbonizzazione dei trasporti non dovrebbe significare l’eliminazione di un’unica tecnologia, ma lo sviluppo di diverse opzioni. Se le batterie non sono ancora sufficienti per tutti i tipi di veicoli, forse le soluzioni basate sull’idrogeno o sui carburanti sintetici potrebbero svolgere un ruolo importante. È importante che l’economia europea non soffra in questo processo.

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO₂ dell’Unione Europea

Il Parlamento europeo ha fissato un calendario chiaro per la riduzione delle emissioni. Il trasporto su strada è responsabile di circa il 20% delle emissioni totali di CO₂ dell’UE e la riduzione di queste emissioni è essenziale per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica. Secondo il piano, entro il 2030 le emissioni delle autovetture dovranno essere ridotte del 55% rispetto ai livelli del 2021 e quelle dei furgoni del 50%. In pochi anni, entro il 2035, tutte le nuove auto e i nuovi furgoni (cioè quelli che escono dalle fabbriche di automobili) dovranno essere completamente privi di inquinamento.

Per molti cittadini dell’UE, la domanda naturale è: “Cosa succederà alle auto che abbiamo già?”.

La risposta dei funzionari europei è che queste regole non si applicano ai veicoli già in circolazione. In altre parole, se qualcuno possiede già un’auto a benzina o diesel, potrà guidarla anche dopo il 2035, fino alla fine della sua vita. Gli esperti economici sostengono inoltre che il mercato delle auto di seconda mano non scomparirà e che le auto a combustione interna potranno ancora essere vendute e acquistate dopo l’entrata in vigore del divieto. Tuttavia, i costi di manutenzione, il carburante, le tasse e l’assicurazione potrebbero diventare più costosi, rendendo queste auto meno attraenti per i cittadini nel lungo periodo da un punto di vista finanziario. Per quanto riguarda i tipi di auto a zero emissioni che domineranno il mercato, la tendenza attuale è chiara: i veicoli elettrici a batteria. Sono considerati più vantaggiosi in termini di costo totale di proprietà, anche se il prezzo di acquisto rimane elevato. Altre alternative, come l’idrogeno o i carburanti sintetici, sono ancora agli inizi, soprattutto a causa degli elevati costi di produzione. Tuttavia, potrebbero diventare soluzioni valide per il trasporto pesante, l’aviazione o il settore navale, dove le batterie non sono un’opzione pratica.

L’industria automobilistica, un mercato al bivio

Sebbene, in teoria, il passaggio ai veicoli elettrici prometta benefici a medio e lungo termine, la realtà economica e tecnologica è molto più complicata. Attualmente, le auto elettriche sono molto più costose dei motori a combustione e l’infrastruttura di ricarica è poco sviluppata in molti paesi dell’Unione Europea. Soprattutto nelle zone rurali, dove le distanze sono lunghe e le stazioni di ricarica sono rare, le persone sono scettiche riguardo alla transizione verso auto non inquinanti. L’Unione Europea punta sull’idea che, con l’aumento della produzione e della concorrenza, i prezzi delle auto elettriche scenderanno. Allo stesso tempo, gli investimenti nelle infrastrutture dovrebbero rendere più accessibile il loro utilizzo. Ma fino ad allora, una domanda rimane aperta: quanto è pronta l’Europa per un cambiamento così radicale? Critici come Ola Kaellenius non rifiutano l’idea di ridurre l’inquinamento e di passare alle emissioni zero, ma sottolineano che il processo deve essere graduale ed equilibrato. Una decisione presa troppo in fretta, senza tenere conto delle realtà economiche e tecnologiche, rischia di avere ripercussioni su milioni di persone, dai dipendenti dell’industria automobilistica ai semplici consumatori.

Quanto costa un veicolo elettrico “dalla miniera allo showroom”?

Se sollevi il cofano di un’auto elettrica, non troverai la solita orchestra di cinghie, iniettori e turbine. Troverai invece una batteria grande come un materasso, un motore compatto e una rete di componenti elettronici che rendono possibile la magia della transizione energetica. Al di là del marketing e della promessa di un’aria più pulita, la domanda chiave rimane: quanto costa davvero costruire un EV, dal minerale all’auto da esposizione?

La catena inizia con l’estrazione e la raffinazione dei materiali delle batterie (litio, nichel, cobalto, grafite o fosfato di ferro). I prezzi di questi materiali sono stati volatili, ma una cosa è chiara: la batteria rimane l’elemento determinante del costo di un veicolo elettrico. Nel 2024, il prezzo medio dei pacchi di batterie agli ioni di litio è sceso a circa 115 dollari/kWh, il livello più basso di sempre (un calo di circa il 20% rispetto al 2023) – un salto che cambia l’equazione economica per l’intero settore. Cosa significa questo in termini pratici? Per una batteria da 60-75 kWh, tipica di un’utilitaria/compatta europea, il costo del pacco può aggirarsi tra i 7.000 e gli 8.600 dollari solo moltiplicando i kWh. In realtà, a livello di produttore, l’integrazione, la gestione termica, il BMS e altri componenti spesso fanno lievitare il prezzo a 9.000-11.000 dollari, come dimostrano le analisi dettagliate dei costi del pacco condotte nel 2024. Oltre alla batteria, c’è la catena cinematica (motore, inverter, caricatore di bordo, riduttore), la carrozzeria e il telaio, gli interni e i sistemi di infotainment e ADAS, oltre all’assemblaggio, alla logistica e alle garanzie. Le analisi e gli studi sui costi suggeriscono che, una volta abbassata la “montagna” delle batterie, il resto della linea di costo è sempre più simile a quello di una moderna auto con motore a combustione: il motore e l’elettronica di potenza hanno raggiunto costi dell’ordine di poche migliaia di dollari e continuano a diminuire con l’aumento e la standardizzazione dei volumi. Diverse analisi tecniche dell’inverter/motore mostrano una chiara tendenza alla riduzione del costo unitario con l’aumento della produzione. Mettendo tutto insieme in un ordine di grandezza per un EV di massa nel 2024-2025: la produzione totale (BOM + produzione, escluse le attività di ricerca e sviluppo, marketing, concessionari e tasse) potrebbe scendere, a seconda del segmento e della batteria, intorno ai 25.000-35.000 dollari per le classi medio-piccole, con notevoli variazioni a seconda della chimica della batteria (LFP vs. NMC), delle dimensioni del pacco e delle caratteristiche. Il continuo calo del prezzo per kWh, insieme all’accelerazione del passaggio alle LFP e all’eccesso di capacità globale nella catena delle batterie, suggerisce che la pressione sui costi continuerà a diminuire.

Chi sono i pesi massimi globali dei veicoli elettrici?

A livello globale, la Cina è inequivocabilmente il motore del mercato: nel 2024, le vendite di auto elettriche in Cina sono cresciute di quasi il 40% rispetto all’anno precedente e il Paese ha rappresentato quasi i due terzi delle vendite globali di auto elettriche. La produzione e le esportazioni hanno seguito la stessa tendenza, con la Cina che ha mantenuto il suo status di maggiore esportatore di veicoli elettrici. Nomi come BYD, SAIC, Geely (tra cui Volvo/Zeekr) e GAC hanno conquistato il primato, insieme a Tesla, ancora il punto di riferimento occidentale in termini di volume ed efficienza industriale. L’AIE rileva che la capacità di produzione globale di celle supererà i 3 TWh nel 2024 (circa tre volte la domanda combinata di veicoli e stoccaggio) e che circa l’85% di questa capacità si trova in Cina, con oltre il 75% di proprietà di produttori cinesi, il che rappresenta un enorme vantaggio competitivo che si traduce direttamente in prezzi e tempi di commercializzazione.

Dove si colloca l’Unione Europea in questo quadro?

L’Unione Europea rimane una forza industriale nel settore dei veicoli elettrici, ma il ritmo non è più sufficiente per dettare il gioco globale. Nel 2024, la produzione dell’UE si è fermata a circa 2,4 milioni di veicoli elettrici, superando comunque le vendite interne (l’UE è rimasta un esportatore netto), con la Germania come principale centro di produzione. Allo stesso tempo, le importazioni dalla Cina sono rimaste forti (oltre 400.000 unità) e la quota dei marchi cinesi in queste importazioni è aumentata. Per quanto riguarda le batterie, l’Europa ha fatto progressi, ma deve ancora recuperare. I rapporti indicano che circa 190 GWh/anno è la capacità nominale di celle nel 2024, con una produzione concentrata in Polonia e Ungheria per il 2023. Tuttavia, la dipendenza da componenti e materiali asiatici rimane elevata. Inoltre, sebbene esistano piani per le “gigafabbriche”, molte di esse sono in fase di avvio o stanno subendo ritardi, mentre la Cina sta già operando a pieno ritmo.

Per proteggere l’industria locale dalle distorsioni causate dai sussidi esteri, la Commissione Europea ha imposto dazi compensativi provvisori sulle importazioni di EV dalla Cina nel 2024, misure che sono state successivamente rafforzate, raggiungendo circa il 45% alla fine dello scorso anno e all’inizio di quest’anno, parallelamente alle discussioni tra UE e Cina, compresa l’idea di prezzi minimi. Le decisioni commerciali influenzeranno la competitività relativa dell’Europa nel breve termine.

L’Europa può essere competitiva con la Cina nel mercato automobilistico?

La risposta è sì, ma non da un giorno all’altro. La Cina parte da vantaggi strutturali difficilmente eguagliabili in tempi brevi: integrazione verticale nella catena delle batterie, sovraccapacità nelle celle (che fa pressione sui prezzi), ecosistemi industriali estremamente veloci e un enorme mercato interno. L’UE ha i suoi punti di forza, come l’ingegneria, i marchi globali, le piattaforme tecniche mature, la qualità percepita – e rimane un esportatore netto di veicoli elettrici. Tuttavia, senza un’accelerazione della localizzazione (dai materiali alle celle e ai moduli), della standardizzazione e dei volumi, il divario dei costi è destinato a persistere. Ci sono alcune buone notizie: i prezzi delle batterie stanno scendendo e i produttori europei stanno preparando modelli sotto i 25.000 euro per il 2025-2026, una soglia psicologica per il mercato mainstream. Ci sono anche alcuni punti interrogativi: la capacità delle celle rimane insufficiente rispetto alla domanda prevista per il 2030 e alcuni progetti strategici stanno subendo ritardi o ristrutturazioni, il che significa che la dipendenza dalle importazioni, anche dalla Cina, rimarrà elevata nei prossimi anni.