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Europa, spettatrice o protagonista? Il confronto tra Draghi e Meloni al meeting di Rimini

Costruire un’Europa conservatrice - Agosto 31, 2025

Il meeting di Comunione e Liberazione 2025 ha offerto un’arena privilegiata per il confronto tra visioni differenti sul futuro dell’Europa. Gli interventi di Mario Draghi e Giorgia Meloni hanno mostrato convergenze sul riconoscimento della crisi di ruolo dell’Unione Europea, ma differenze significative nei rimedi proposti e nelle prospettive politiche sottese. Tra i numerosi interventi che hanno caratterizzato l’edizione, due hanno suscitato particolare attenzione: quelli di Mario Draghi, ex Presidente della Banca Centrale Europea ed ex Premier italiano, e di Giorgia Meloni, attuale Presidente del Consiglio. Entrambi hanno dedicato le loro riflessioni al futuro dell’Unione Europea, individuando nella sua condizione di marginalità geopolitica il nodo centrale da affrontare. Tuttavia, le soluzioni prospettate e il lessico politico adottato si collocano su piani diversi, riflettendo le rispettive visioni ed esperienze istituzionali.

MARIO DRAGHI: DALL’ILLUSIONE EUROPEA AL PRAGMATISMO COMUNITARIO

L’intervento di Mario Draghi si è distinto per il tono critico nei confronti della politica estera e commerciale dell’Unione Europea. Secondo l’ex Premier, l’Europa si è illusa che la sua economia potesse automaticamente tradursi in potere geopolitico. Tale convinzione, ha sottolineato Draghi, si è rivelata infondata, come dimostrato dalla difficoltà dell’UE a imporsi nelle relazioni commerciali con gli Stati Uniti e dall’assenza di un ruolo attivo nei conflitti mediorientali. Draghi ha accusato l’Unione di essersi trasformata in “spettatrice”, incapace di reagire di fronte a episodi cruciali. Questa passività, ha sostenuto, rischia di relegare il continente a una posizione marginale nello scenario internazionale, in un momento in cui gli equilibri geopolitici sono ridefiniti dall’ascesa della Cina e dal riassetto delle relazioni transatlantiche. Il cuore della proposta punta al superamento della retorica sull’integrazione guardando a strumenti concreti di cooperazione. In questo senso, Draghi ha richiamato l’idea di introdurre forme di debito comune europeo sul modello del Next Generation EU per finanziare progetti di ampio respiro che i singoli Stati non potrebbero sostenere.

GIORGIA MELONI: PRAGMATISMO CONSERVATORE E CENTRALITÀ DELL’IDENTITÀ OCCIDENTALE

L’intervento conclusivo del meeting è stato affidato a Giorgia Meloni, che ha ripreso alcune delle critiche mosse da Draghi all’Unione Europea rielaborandole in chiave politica e identitaria.
Meloni ha affermato la necessità di una “Europa del pragmatismo”. Secondo la Premier, la vera sfida è quella di costruire un’Europa capace di “fare meno e meglio”, richiamando il motto dell’Unione — Uniti nella diversità — come principio guida. In questo senso, pur riconoscendo l’irrilevanza geopolitica dell’UE, Meloni si è opposta a soluzioni che implichino maggiore integrazione fiscale o finanziaria, preferendo piuttosto una riduzione selettiva delle competenze comunitarie a favore di quelle nazionali. La presidente del Consiglio ha riconosciuto di condividere alcune delle critiche di Draghi. Tuttavia, mentre lui vede nella condivisione del debito e in politiche comuni più incisive una via di uscita per l’Europa, Meloni propone una visione conservatrice, in cui gli Stati restano i protagonisti.

CONVERGENZE E DIVERGENZE

Il confronto tra gli interventi di Draghi e Meloni permette di individuare sia elementi di convergenza che significative divergenze. Entrambi gli interlocutori hanno condiviso la constatazione circa la condizione di irrilevanza geopolitica dell’Unione Europea e, in questa prospettiva, sia Draghi che Meloni hanno richiamato la necessità di un ritorno al pragmatismo, rifiutando tanto gli slogan quanto le retoriche astratte che tradizionalmente accompagnano il dibattito sull’integrazione europea. Inoltre, le loro analisi hanno evidenziato una comune consapevolezza delle sfide poste dalla competizione globale con Stati Uniti e Cina, considerate potenze determinanti per il futuro equilibrio internazionale. Accanto a queste convergenze emergono, tuttavia, divergenze altrettanto rilevanti. Draghi interpreta il pragmatismo come esigenza di rafforzare le politiche comuni, privilegiando l’adozione di strumenti finanziari condivisi, come il debito comune e la realizzazione di progetti di vasta portata, impossibili da attuare con soli sforzi nazionali. Meloni, al contrario, associa il pragmatismo a una riduzione e ad una selezione delle competenze attribuite all’Unione, nella convinzione che solo un’Europa più essenziale e rispettosa delle identità nazionali possa risultare efficace. In questo senso, mentre Draghi propone una visione dell’Europa come attore politico autonomo, capace di superare il ruolo passivo di spettatore, Meloni la concepisce soprattutto come comunità di Stati sovrani, accomunati dall’appartenenza al mondo occidentale, ma non vincolati a un’ulteriore integrazione.

DUE VISIONI DEL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA

Gli interventi di Mario Draghi e Giorgia Meloni al meeting di Rimini rappresentano due modi diversi di affrontare la stessa diagnosi: l’Europa rischia l’irrilevanza. Draghi propone di reagire rafforzando gli strumenti comuni, puntando su debito condiviso e grandi progetti transnazionali. Meloni, pur condividendo la critica, suggerisce invece un pragmatismo che privilegia gli Stati nazionali, con un’attenzione particolare ai temi dell’identità e dell’immigrazione. Il confronto, lungi dall’essere meramente tecnico, riflette due visioni del futuro dell’Unione: quella di un’Europa come attore politico collettivo e quella di un’Europa come comunità di nazioni sovrane.